Degrado sociale

Santa Pasqua. Non per gli agnelli!

AgnelloUna nuova investigazione di Animal Equality sulla carne di agnello è stata realizzata da attivisti sotto copertura, infiltrati all'interno di diversi allevamenti e di alcuni macelli. Le riprese video e le foto mostrano il vero volto della pastorizia e dell'industria ovina.

Animal Equality svela attraverso fotografie e filmati cosa accade agli agnelli in diversi allevamenti e macelli italiani, per più di un anno attivisti sotto copertura hanno filmato scene mai viste prima.

Si tratta di immagini scioccanti e reali di quanto accade a questi cuccioli di appena un mese di vita, uccisi per diventare cibo 'tradizionale' sulle tavole degli italiani, anche e soprattutto in questo periodo prossimo alla Pasqua.

Le cifre degli agnelli uccisi ogni anno sono spaventose, un autentico massacro, Animal Equality vuole invitare l'opinione pubblica alla riflessione su quanto accade a questi giovanissimi animali: circa 4 milioni gli agnelli uccisi ogni anno in Italia per il consumo umano, tra quelli esportati dall'Est Europa (Romania prima di tutto) e quelli allevati in Italia. Questa cifra è superiore, se prendiamo in considerazione anche pecore, agnellotti e capre, che in questo periodo non vengono risparmiati meno degli agnelli. Sono quindi circa 800.000 gli animali uccisi in totale solo in questo periodo.

Animal Equality ha investigato filmando e fotografando, negli allevamenti e macelli italiani, scene di violenza diffuse e non casi isolati. Sono state raccolte immagini di un agnello lasciato morto per giorni all'aperto, in un recinto a contatto con altri agnelli e pecore, costituendo anche un grande rischio di contaminazione per tutti gli altri animali.

Sei multinazionali che schiavizzano i lavoratori, soprattutto minorenni

Traffico esseri umaniLo schiavismo è purtroppo una realtà ancora presente, nei Paesi in via di sviluppo e non solo, come pratica abitudinaria da parte di numerose multinazionali al fine di ottenere il massimo guadagno e rendimento produttivo, a costo zero per i loro bilanci economici, ma a costo della vita per centinaia di adulti e bambini in tutto il mondo, costretti a lavorare in condizioni disumane per soddisfare ogni bisogno consumistico dei Paesi industrializzati.

Spesso anche noi ci ritroviamo ad essere complici, a nostra insaputa o per carenza di informazione, di una realtà che dovrebbe essere scomparsa da decenni, ma che continua a persistere e a condannare coloro che ne cadono vittima giorno dopo giorno, senza sosta.

Lo schiavismo non è purtroppo assente nemmeno nel nostro Paese, come nel caso della multinazionale delle bevande Coca Cola.

1) Coca Cola

L'eclatante caso di Rosarno, in Calabria, è stato messo in luce da un'inchiesta effettuata da parte di The Ecologist ed in seguito ripresa da The Independent, che ha reso noto come nel mezzogiorno la raccolta delle arance destinata alla produzione delle bibite del noto marchio avvenisse in condizioni di schiavitù per mano di migranti provenienti dall'Africa, spesso dopo aver raggiunto le coste italiane a seguito di una squallida traversata vista come unica speranza di sopravvivenza. Coca cola avrebbe reagito semplicemente tagliando i ponti e gli accordi precedentemente stipulati con le aziende calabresi produttrici di arance, a difesa della propria immagine di multinazionale "pulita".

Giovani europei sempre più a rischio povertà

Clicca per ingrandireÈ vicino all'"esclusione sociale", secondo un rapporto Eurostat, il 50 per cento di chi ha meno di 18 anni con genitori che hanno “uno basso livello di educazione" e chi ha almeno un genitore nato in un altro Paese rispetto alla residenza

Un terzo dei giovani a rischio povertà. L’allarme proviene dai dati Eurostat del 2011, che segnalano il 27 per cento degli under 18 “a rischio povertà e di esclusione sociale”. L’Italia, in particolare, supera la media europea col 32,3 per cento.

I dati sui bambini e ragazzi superano quindi quelli che riguardano la popolazione adulta. Nell’Unione Europea, infatti, è a rischio povertà il 24 per cento di chi è tra 18 e 64 anni. Percentuale che sale al 28,2 per cento in Italia.

Sono a rischio di povertà, secondo il dossier, il 50 per cento dei ragazzi con genitori che hanno “uno basso livello di educazione“, bel oltre il 22 per cento di chi vive in famiglie con un livello “medio” di educazione e il 7 per cento nel caso di una formazione “elevata”. Il divario è evidente anche considerando le famiglie di immigrati. Tra chi ha almeno un genitore nato in un altro Paese rispetto alla residenza, infatti, nel 2011 il 32 per cento era a rischio di povertà, contro il 18 per cento tra chi vive in famiglie di non immigrati.

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