Ecologia

Molti tessuti della moda si producono con la deforestazione

Molti tessuti della moda si producono con la deforestazioneI vestiti che indossiamo provengono dalla distruzione delle foreste?

È possibile: molti capi di abbigliamento contengono rayon o viscosa, che vengono fabbricati con la pasta di legno. E da dove viene questo legno? Ecco la domanda, a cui ha dato risposta una ricerca dell’associazione ambientalista canadese Canopy.

Il primo passo per controllare se un vestito sia legato alla deforestazione, è controllare l’etichetta. Se vi sono rayon o viscosa, allora sì, il capo di abbigliamento potrebbe provenire dalla distruzione della foresta pluviale.

Infatti rayon e viscosa sono prodotti da un tipo speciale di cellulosa, frutto di un complesso processo di dissoluzione che richiede una alta intensità di composti chimici. Secondo Canopy, ogni anno oltre 70 milioni di alberi vengono trasformati in tessuti per l'abbigliamento.

La questione centrale è da dove proviene il legno con cui viene fabbricata questa cellulosa. Sempre secondo la ricerca di Canopy, tronchi provenienti dalle foreste boreali e tropicali finiscono regolarmente nei tessuti utilizzati per produrre una vasta gamma di capi di abbigliamento.

“Dalle passerelle di Milano Moda fino alla 7th Avenue di New York, dal vostro negozio preferito fino al centro commerciale locale, ovunque la moda ha un costo nascosto che non mostra nel cartellino del prezzo.

Golfo del Messico: l’ecosistema è completamente trasfigurato

Golfo del MessicoNel 2010, nel bel mezzo del Golfo del Messico, accadde un incidente ad una piattaforma per l’estrazione del greggio della British Petroleum.

A seguito di questo incidente furono riversate in mare tonnellate di greggio, generando un’estesa macchia oscura sulla superficie marina ben visibile dagli aerei, che andò poi a riversarsi sulle coste degli Stati Uniti, compromettendo pesantemente le forme di vita che su di esse insistono, uomini compresi.

Sin dall’inizio cominciarono i dubbi sull’entità e sulla gestione dell’incidente. Fotomontaggi anomali, cabine di monitoraggio improbabili e poca o nulla trasparenza suscitarono le perplessità degli osservatori più accorti, che ancora si domandano come possa una piattaforma moderna perdere greggio in tale quantità nell’Annus Domini 2010, senza che ci siano contromisure pronte e risolutive di questo tipo di problemi.

La frittata però era fatta e si corse ai ripari nel modo peggiore. Invece di utilizzare disperdenti atossici di origine naturale (già allora disponibili), furono preferiti disperdenti chimici tossici per l’uomo e le forme di vita del Golfo, come il famigerato COREXIT.

Gli scienziati avvertono: sono a rischio le foreste primarie

ForestaUn nuovo studio condotto da un team internazionale di scienziati ha avvertito che solo il cinque per cento della copertura forestale primaria mondiale è posta sotto protezione.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Conservation Letters, sottolinea lo stato precario delle foreste primarie, e l'importanza di una efficace protezione di queste aree.

“I negoziati internazionali non riescono a fermare la perdita delle più importanti foreste primarie del pianeta. In mancanza specifiche politiche di protezione delle foreste primarie nei trattati internazionali sulla biodiversità e sul cambiamento climatico, queste foreste continueranno a perdere i loro valori di biodiversità e i servizi ecosistemici, sia nei sviluppati che nei paesi in via di sviluppo”, ha avvertito Brendan Mackey, direttore del Climate Change Response Program presso la Griffith University di Queensland, in Australia.

Secondo lo studio, le foreste primarie ospitano una straordinaria ricchezza di biodiversità e circa il 57 per cento di tutte le specie delle foreste tropicali dipendono da habitat di foresta primaria.

I ricercatori hanno analizzato le foreste primarie in tutto il mondo e ha scoperto che quasi il 98 per cento delle foreste primarie si trova in appena di 25 paesi. E circa la metà di queste foreste è situata in cinque paesi sviluppati: Stati Uniti, Canada, Russia, Australia e Nuova Zelanda.

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