Società

Quanti si drovranno ancora suicidare prima di mettere sotto inchiesta le banche?

Antonino De MasiRecentemente nel nostro Paese stanno avvenendo fatti drammatici di gente che, colta dalla disperazione e dallo sconforto, si toglie la vita. Tanti suicidi, dei quali molti imprenditori medio-piccoli che di fronte alla crisi hanno pensato di farla finita, spinti a ciò da problematiche finanziarie, fiscali, dalla stretta creditizia ed a volte da discutibili indebitamenti bancari.

La disperazione ha portato e porterà alla luce dei risvolti che in molti sino ad oggi hanno fatto finta di non vedere, e voglio cercare di ragionare analizzando fatti concreti per capire se quanto è avvenuto e sta avvenendo è figlio di casualità, di anomalie di un sistema che funziona, o invece il freddo risultato di un sistema che punta a trasferire ricchezza dai tanti cittadini, ai pochi, gestori del potere.

Prendo lo spunto, per un utile confronto, della recente inchiesta della Guardia di Finanza sull’aumento dei costi del carburante, per verificare se dietro vi sia una normale crescita dei costi industriali oppure una pura speculazione che porta all’arricchimento delle compagnie petrolifere. È semplice capire che il controllo della filiera del prezzo porterà a fare chiarezza in un settore nel quale pochi centesimi al litro di differenza vogliono dire miliardi di euro di ricchezza trasferiti a favore delle grandi lobby di potere.

Io mi occupo di banche ed il mercato creditizio, a differenza di quello merceologico, è vincolato e tutelato da norme molto severe; il fine pubblico del mercato creditizio non può sfuggire a nessuno, nemmeno a chi è colto da interessate amnesie come il Presidente dell’Abi, il quale ha affermato che le banche sono imprese private senza alcun interesse pubblico: evidentemente distratto dai problemi della sua banca, dice cose fuori luogo.

Milioni di animali massacrati in nome della Santa Pasqua

Quando Leonardo da Vinci scriveva "verrà un giorno in cui l'uccisione degli animali sarà considerata come l'uccisione di una persona" non poteva certo immaginare la dimensione che i massacri di animali avrebbero assunto in occasione delle festività.

Mai come nel momento presente l'industria alimentare macina, è il caso di dirlo, milioni di vite per produrre cibo oltretutto sprecato nella misura del 45 per cento. E, in più, il cibo comunque consumato in eccesso è responsabile della stragrande maggioranza delle patologie umane più gravi.

A Pasqua tutto questo assume la dimensione ancor più crudele della strage di piccoli fatti nascere solo per essere allontanati dalle madri e, spesso dopo viaggi allucinanti, essere uccisi per finire nel piatto.

Pochi spettacoli sono più sinistri, specie agli occhi di chi ha deciso di non alimentarsi più di animali, delle infinite, stucchevoli e sempre uguali trasmissioni televisive in cui ridenti e, speriamo almeno, ignare massaie illustrano i tanti modi di cucinare e mettere in tavola una povera creatura. Aprire, tagliare, disossare: sembrano e termini di un racconto horror reso più paradossale dal contrasto con l'atmosfera festosa in cui viene rappresentato.

Proviamo, per una volta, a guardare la Pasqua dal punto di vista di chi nel piatto ci finisce. E anche dal punto di vista di chi - le povere pecore - si vede strappare il proprio piccolo e lo piange, si, proprio lo piange con lamenti strazianti, più umani di quelli umani.

I cittadini italiani devono spendere di più per curarsi

StarnutoSecondo uno studio del Censis la spesa pubblica è sempre meno adeguata, dopo i tagli al settore della Sanità.

I cittadini pertanto devono rivolgersi al settore privato... dove i costi sono sensibilmente maggiori. Rispetto al 2007-2010 risulta che i cittadini italiani spendono circa l'8% in più in visite e medicinali.

La ricerca è stata eseguita nell'ambito delle attività del Forum per la Ricerca Biomedica ed è presentata a Roma da Carla Collicelli e Giuseppe De Rita, rispettivamente vicedirettore e presidente del Censis.

“È stimato in 17 miliardi di euro nel 2015 il gap totale cumulato tra le risorse di cui ci sarebbe bisogno per coprire i bisogni sanitari dei cittadini e i soldi pubblici che presumibilmente il Servizio sanitario nazionale (SSN) avrà a disposizione”.

Quindi tra la necessità e la quantità disponibile avremo una differenza di ben 17 miliardi di euro!

Questo significa che saranno ancora gli ammalati a farne le spese... dovranno ancora mettere mano ai propri risparmi.

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