Manipolazioni delle banche

Nessuna crisi per il mercato delle armi. La Cina è l'esempio

ProiettiliNell'ultimo quinquennio le esportazioni dell'industria bellica di Pechino sono aumentate del 162% rispetto al periodo precedente, contro una media del 17 per cento. Regno unito superato in classifica. E l'Italia compensa la frenata europea.

La Cina avanza anche nelle armi. Nel corso del quinquennio 2008-2012, le esportazioni di armi convenzionali nel mondo sono cresciute del 17%, una forte espansione cui ha contribuito in modo decisivo l’industria cinese le cui vendite all’estero sono aumentate del 162% rispetto al periodo precedente (2003-07). Una performance che ha consentito a Pechino di superare in classifica il Regno Unito entrando a far parte del club dei primi cinque esportatori di armi del mondo per la prima volta dalla fine della Guerra Fredda.

Lo ha riferito lo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri) nel suo ultimo rapporto pubblicato.

A mantenere la leadership nel mercato mondiale sono sempre gli Stati Uniti con una quota pari al 30% dell’export globale. A tallonare Washington c’è ovviamente la Russia (26%) mentre Germania (7%) e Francia (6%), terza e quarta rispettivamente, seguono a debita distanza. La Cina, come si diceva, ha effettuato il balzo decisivo negli ultimi anni arrivando a conquistare quota 5% contro il 2% del quinquennio precedente. Determinante, per il successo delle armi di Pechino, la crescente domanda del Pakistan, come ha confermato il direttore del Sipri Arms Transfers Programme, Paul Holtom, in una nota ufficiale del centro di ricerca svedese. Le forniture cinesi, ha precisato, raggiungerebbero comunque un crescente numero di Stati.

George Soros non crede più nell'Europa e riduce quasi tutte le sue esposizioni legate all'euro

George SorosIl finanziere ha già ridotto drasticamente tutte le esposizioni legate all'euro. Le regole dell'Eurozona hanno fatto sprofondare “i paesi sud-europei (dunque anche l'Italia), contro la loro volontà, in una lunga depressione”.

Ormai sono settimane se non quasi mesi che i leader europei vogliono convincerci che il peggio è passato, che l'Europa ce la sta facendo, che la ripresa, sebbene lenta, è in corso. Questo, nonostante la carrellata di dati macroeconomici negativi che in Italia, giusto per fare un esempio, confermano soltanto le spinte recessive attive nell'economia. Altro che ripresa.

L'investiore miliardario George Soros non ci casca, anzi, lancia nuovi alert come ha fatto in passato. E conferma uno degli allarmi sicuramente più spaventosi: “l'euro potrebbere distruggere l'Unione europea”. Dando motivazioni di carattere politico.

I suoi timori sono tali che il finanziere ha già preso la decisione di ridurre drasticamente tutte le esposizioni legate all'euro presenti nel suo portafoglio: e questo dopo che qualche settimana fa, in occasione del World economic forum, era stato proprio lui a esprimere un cauto ottimismo sul futuro dell'Europa.

Ma ora ha fatto dietrofront, scrivendo nel suo Open Europe Blog che "esiste il pericolo reale che la soluzione (dell'Eurozona) propinata ai problemi finanziari creerà un profondo problema di natura politica".

In Italia le banche beneficiano dell'immunità fiscale

UnicreditLa sentenza, c’è da scommetterci, farà discutere. Secondo la Corte di Cassazione per le banche e le grandi società “ben può parlarsi di una vera e propria impunità fiscale” dato che “l'attuale sistema punitivo, e soprattutto quello volto al recupero dei proventi del reato attraverso la confisca di valore, nella materia dei reati tributari" è “inefficace e evidenzia una disparità di trattamento in riferimento alla previsione della confisca”.

I magistrati, insomma, non avrebbero armi per sottrarre a banche e società i frutti dell’evasione fiscale. Tutto è partito dalla vicenda Brontos, l’operazione di swap in lire turche fatta da Unicredit con Barclays e che secondo i magistrati avrebbe comportato un evasione fiscale di 245 milioni di euro.

La banca, all’epoca guidata da Alessandro Profumo, ha patteggiato con il Fisco versando 260 milioni circa per chiudere tutte le pendenze con l’Agenzia delle Entrate. Ma processo penale e processo tributario in Italia, hanno strade parallele ma separate. Dunque chiudere i conti con il Fisco non significa mettersi a posto anche con i magistrati.

La procura di Milano aveva sequestrato ad Unicredit 245 milioni di euro “per equivalente”. Una norma cautelare (un po' come la carcerazione preventiva, ma che a differenza di questa non ha scadenze) che permette di congelare il presunto provento dell’illecito. La somma era stata liberata dal riesame, ma la procura aveva fatto ricorso in Cassazione. Che ha respinto la richiesta. Ma a sorprendere sono le motivazioni depositate oggi.

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