Lavoro

In Grecia c'è lavoro per tutti. Basta lavorare gratis

AnnuncioIn Grecia un fenomeno nuovo: aziende cercano personale senza stipendio!

Nella Grecia della recessione e dei nuovi accordi di finanziamento col FMI la realtà del mercato del lavoro si è trasformata nel nostro peggiore incubo. I datori di lavoro non solo pagano i propri dipendenti con fino a sei mesi di ritardo. Un nuovo fenomeno si è presentato recentemente nel mercato del lavoro greco. Offerte di posti di lavoro su base volontaria.

In tempi di debiti, disoccupazione e disperazione, i cittadini europei sono costretti non solo a lavorare per un pezzo di pane in un paese onerato dai debiti con i prezzi al consumo che restano spudoratamente alti. Ora, i dipendenti sono anche invitati a lavorare senza stipendio, a lavorare per niente. Per nessuno stipendio affatto, su base volontaria. L'unico premio per il dipendente disperato è la brillante prospettiva di essere scelto come volontario dell'anno.

Pubblico alcuni esempi dei più recenti sviluppi nel mercato del lavoro greco, nella speranza che qualcuno si rivolga alla Corte europea dei diritti dell'uomo.

Lavorare per niente

Cresce l'ineguaglianza tra ricchi e poveri nei paesi Ocse

SenzatettoLe ineguaglianze di reddito sono cresciute nei primi tre anni della crisi, dal 2007 al 2010, più che nei 12 anni precedenti.

Nei paesi Ocse il 10% della popolazione più ricca ha un reddito 9,5 volte più alto di quello del 10% della popolazione è più povera, contro le 9 volte del 2007.

In Italia il gap è 10,2 volte nel 2010 contro le 8,7 del 2007. Lo rivela l'Ocse in un'indagine nella quale avverte che i tagli alla spesa nei paesi più avanzati rischia far aumentare ancora l'ineguaglianza e la povertà nel prossimi anni.

Inoltre l'indagine mostra che sono soprattutto i più poveri i più colpiti dalla crisi. Il gap, nota l'Ocse, è più accentuato, in paesi come il Messico, il Cile, gli Usa, Israele e la Turchia, e minore in paesi come l'Islanda, la Slovenia, la Norvegia e la Danimarca.

Questi dati, secondo il segretario generale dell'Ocse, Angel Gurria, mostrano la necessità "di proteggere la parte più vulnerabile della popolazione, specie se i governi perseguono la necessità di tenere sotto controllo la spesa pubblica". "Occorre definire - prosegue Gurria - politiche per aumentare la crescita e l'occupazione, al fine di assicurare più equità, efficienza e inclusione. All'interno di queste politiche è essenziale una riforma dei sistemi fiscali per assicurare che tutti paghino una quota equa e ricevino e beneficino degli aiuti di cui hanno bisogno".

In Canton Ticino si parla di patriottismo degli acquisti. Si ma non è proprio come dovrebbe essere

Sergio SavoiaIl presidente della società commercianti luganesi dice di non capire perché i ticinesi facciano la spesa in Italia. Non costerebbe meno, secondo lui. L'affermazione viene da una parte interessata per cui va presa con le pinze. Ma non è questo il punto.

Poretti dice di apprezzare l'iniziativa di liberatv.ch che chiede di fare la spesa in Ticino. Sono d'accordo. Io faccio la spesa qui, credo nel km zero e nell'economia locale, pilastri fondamentali delle politiche verdi.

Devo però fare un'osservazione: lo so sono un rompiballe. Prendiamo la mia città: Bellinzona. E prendiamo un ambito preciso, quello dei negozi di ottici.

Praticamente tutti fanno ricorso pesantissimo ai frontalieri (se è così a Belli, figuriamoci a Mendrisio, Chiasso, Lugano o Locarno). Alcuni, come Belotti, sono delle vere e proprie catene di costosissime boutique con negozi di lusso nei centri storici, per i quali verosimilmente pagano affitti salatissimi.

I soldi quindi li hanno (visto anche i prezzi oltraggiosi che praticano). Ma preferiscono assumere frontalieri.

Dunque: noi consumatori dobbiamo fare la spesa in Ticino. Molti negozianti, che pure si lamentano del turismo degli acquisti, sono prontissimi a fare il turismo delle assunzioni.

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