Sfruttamento aree

La Polonia sostiene il taglio della foresta Bialowieza. Greenpeace reagisce

La foresta polacca di BialowiezaÈ una delle ultime foreste millenarie d’Europa, o almeno, una delle ultime rimaste intatte. La foresta di Bialowieza si estende s 300.000 ettari al confine tra la Polonia e la Bielorussia è una delle aree naturali più importanti dell’Europa.

Dal 1979 è anche patrimonio naturale mondiale dell'UNESCO. Un tempo era la riserva di caccia degli zar russi, ma oggi è abitata sede da 900 bisonti, oltre che da lupi, linci e cervi. Con più di 250 specie di uccelli, 59 mammiferi e oltre 12.000 invertebrati, Bialowieza è uno dei centri europei della biodiversità, e attira turisti provenienti da tutto il mondo.

Malgrado questo immenso patrimonio, il ministero polacco dell'ambiente ha segretamente permesso di abbattere una quantità crescente di legname nella Bialowieza. Il pretesto ufficiale e combattere dei parassiti, ma nel frattempo, il denaro delle imprese del legname fluisce nelle casse del partito di governo.

Da metà maggio gli ambientalisti polacchi stanno organizzato proteste contro il taglio, alcuni di loro si sono incatenati ad alberi e macchine per il prelievo di legname. Ma il ministro dell'ambiente polacco Jan Szyszko non sente ragioni. Solo la pressione internazionale può spingere la Polonia a rinunciare. Il Bruno Manser Fond suggerisce di firmare una petizione per la protezione integrale della foresta primordiale di Bialowieza, la cui intera area dovrebbe essere dichiarata parco nazionale.

Indonesia: l'impatto dell'industria cartaria sul clima globale

Deforestazioni in IndonesiaTroppo fumo, o in inglese, ‘Too Much Hot Air‘, titola il rapporto rilasciato dalla rete di associazioni ambientaliste Environmental Paper Network (EPN) che denuncia il terribile impatto dell'industria cartaria in Indonesia e sul clima globale: più alto di un paese industrializzato come la Finlandia, più alto di 32 mega-centrali a carbone, più alto di decine di paesi nel mondo.

Il motivo si chiama “torba”: infatti le piantagioni di acacia si sono estese sulle paludi torbiere, e per mantenere le piantagioni produttive la torba deve essere drenata con canali e tenuta asciutta, ma in questo modo rilascia immense quantità di carbonio. E non solo....

Le piantagioni che riforniscono le cartiere si estendono su oltre un milione di ettari di torbiere (un'area vasta quanto la Jamaica). 600.00 ettari sono controllati dai fornitori della Asia Pulp & Paper (APP) e più di 250.000 dai fornitori della APRIL, il resto da altri operatori. Dato che le piantagioni su torba drenata rilasciano ogni anno tra le 70 e le 80 tonnellate di CO2 per ettaro, l'intero settore rilascia 88 milioni di tonnellate, senza calcolare l'insorgere di incendi, come quelli verificatisi nell'autunno 2015, dato che la torba è altamente infiammabile.

Questi incendi hanno creato una nube di fumo che ha coperto l’intera regione, causando malattie respiratorie a milioni di persone in Indonesia e nei paesi confinanti. Intere province hanno avuto le scuole chiuse e i voli sospesi, mentre nei mesi degli incendi l’Indonesia ha emesso più CO2 degli Stati Uniti.

Cambiamenti climatici: mezzo miliardo di profughi

Cambiamenti climaticiSuccede in Louisiana, Brasile, New York, Australia, Thailandia, Filippine, Alaska. Succede un po’ dappertutto per le comunità di mare. Gente che vive sulle coste e che deve abbandonare le proprie case per colpa di erosione, innalzamento dei livelli del mare, tempeste violente, perdita di terreno. Secondo un recente articolo pubblicato su “Nature Climate Change”, sono circa 1 milione le persone che hanno dovuto abbandonare le proprie abitazioni. Per la precisione 1 milione e 300mila.

E mentre fino a pochi anni fa si cercava di proteggere quello che c’era, adesso l’atteggiamento prevalente è di andare via. Cosa fare infatti con l’arrivo di mareggiate senza precedenti, allagamenti e continuo innalzarsi del mare? Si possono alzare le strade e le case, cercare di proteggere le lagune, migliorare i codici con cui si costruisce. Ma si può anche decidere di lasciare perdere, visto che i costi sono elevati, ed è certo che il clima e l’ambiente non torneranno quelli di prima. È questo il dilemma delle comunità costiere.

Storicamente, migrazioni di massa collegate alle condizioni climatiche sono molto ben documentate, e quello che viviamo adesso – appunto il milione e trecentomila anime che hanno dovuto lasciare le proprie case – è la manifestazione dei nostri tempi del problema. Durante il secolo 1900-2000 i livelli del mare si sono innalzati di ben dodici centimetri. Le previsioni sono di varie decine di centimetri in questo secolo.

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