Ecologia

Car Free Days: impegnarsi a dimenticare l’auto

BiciclettaÈ possibile rinunciare completamente all’automobile? Per la maggior parte di coloro che vivono in zone in cui i servizi per il trasporto pubblico non si rivelano particolarmente efficienti, decidere di fare per sempre a meno dell’auto può rappresentare un miraggio irraggiungibile, in particolare se vi è la necessità di percorrere lunghe distanze per raggiungere il luogo di lavoro e se non sono presenti alternative praticabili.

Impegnarsi a dimenticare l’automobile in garage, magari per un solo giorno alla settimana, con particolare riferimento al weekend, forse non rappresenta un’impresa del tutto impossibile. Rinunciarvi una volta all’anno, per riflettere riguardo alle possibilità offerte dalla mobilità sostenibile nel proprio luogo di residenza, rappresenta di sicuro un’opzione praticabile.

Ecco che dunque nel mondo, con modalità differenti, negli ultimi decenni è iniziata la promozione dei Car Free Days, le giornate senza auto, da trascorre in nome di uno stile di vita più sostenibile e nel tentativo di limitare l’inquinamento urbano dovuto al traffico automobilistico. La versione italiana dei Car Free Days internazionali potrebbe essere identificata con le “Domeniche A Piedi”, di tanto in tanto promosse in alcuni capoluoghi di regione e spesso oggetto di proteste di varia entità, che contribuiscono purtroppo a trasformare la possibilità di rinunciare all’auto, anche per un solo giorno, in una vera e propria utopia.

A sostegno dei Car Free Days, a livello internazionale, troviamo World Carfree Networ, una rete internazionale formata da circa novanta organizzazioni e da numerosi privati cittadini che si impegnano nella promozione di alternative alla dipendenza dall’automobile ed alla progettazione di spostamenti che prevedano di farne a meno, utilizzando in sua sostituzione mezzi di trasporto maggiormente sostenibili, quali biciclette, treni e mezzi pubblici.

Sfruttamento aree

Acqua in bottigliaBusiness miliardari con introiti enormi per le aziende e scarsissimi ritorni per le Regioni. Enorme impatto ambientale e alti costi per i consumatori. In occasione della giornata mondiale dell’acqua, che si celebra oggi 22 marzo, Legambiente e Altreconomia presentano 'Acqua in bottiglia', il dossier che svela le pecche di un vizio tutto italiano.

Un giro d’affari pari a 2,25 miliardi di euro che riguarda 168 società per 304 diverse marche commerciali; l’uso di oltre 6 miliardi di bottiglie di plastica prodotte utilizzando 456 mila tonnellate di petrolio, che determinano l’immissione in atmosfera di oltre 1,2 milioni di tonnellate di CO2: c’è un vero e proprio business dentro una bottiglia d’acqua.

L’abitudine tutta italiana di preferire l’acqua in bottiglia a quella del rubinetto innesca, infatti, un meccanismo economico che porta immensi guadagni alle aziende imbottigliatrici e un’enorme consumo di risorse per il Paese, oltre ad alti livelli di inquinamento indotto e consumo di risorse.

Nel 2011 i consumi di acqua sono aumentati rispetto all’anno precedente, passando da 186 a 188 litri per abitante all'anno (nel 2011), numeri che confermano il primato europeo del nostro paese per i consumi di acque minerali: dei 12,350 miliardi di litri imbottigliati nel solo 2011, oltre 11,320 miliardi sono stati consumati dentro i confini nazionali. Senza dimenticare che ancora oggi solo un terzo delle bottiglie viene avviato correttamente al riciclo, mentre la gran parte continua a finire in discarica o ad essere dispersa nell’ambiente e che per l’85% dei carichi si continua a preferire il trasporto su gomma.

Questo vuol dire che una bottiglia d’acqua che proviene dalle Alpi percorre oltre 1000 km per arrivare in Puglia, con consumi di carburante e emissioni di sostanze inquinanti conseguenti.

La NASA studia la guerra nucleare per contrastare l’effetto serra

Guerra nucleareAlan Robock, assieme ad uno staff di ricercatori nordamericani e russi, ha confermato la teoria dell’inverno nucleare. Robock inoltre ha studiato l’introduzione di aerosol in atmosfera per modificare intenzionalmente il clima della terra.

Da tali studi nasce il suo avviso di NON adoperare uno strumento che rischia di creare disastri senza fine, anche dove si optasse per una limitata applicazione locale. Robock mette in guardia non solo rispetto ad una guerra regionale nucleare, ma anche sulle probabili conseguenze in caso di irrorazioni atmosferiche.

La NASA ha voluto approfondire tramite simulazioni al computer l’ipotesi di un dosaggio mirato di esplosioni di bombe nucleari, per comprendere l’effetto sul clima. Più di 2000 test atomici realmente effettuati (anche se poco noti all’opinione pubblica) hanno fornito dati significativi. (1)

Risultato: la simulazione dei ricercatori della NASA porta alla conclusione che una “piccola” guerra nucleare diminuirebbe l’effetto serra del pianeta influendo sul clima terrestre e innescando un raffreddamento globale. La causa sarebbero gli incendi derivati dalle esplosioni. Circa 6 milioni di tonnellate di carbonio andrebbero a depositarsi nella troposfera. Il carbonio assorbendo il calore solare si eleverebbe andando poi a finire nello strato più esterno della nostra atmosfera dove impiegherebbe molto più tempo per abbandonare il cielo.

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