Tecnologia

I futuri collegamenti sul web si faranno con una lampadina

LuceLa tecnologia si chiama Li-Wi (Light-fidelity).La sperimentazione è stata fatta dai ricercatori della Fudan University di Shanghai che hanno connesso al web quattro computer tramite un’unica lampada a Led da un Watt.

Il wirless potrebbe diventare preistoria del collegamento Internet senza fili.

La prova è che a Shanghai è stato condotto con successo un esperimento per connettere un computer a Internet usando solo la luce. La tecnologia si chiama Li-Wi (Light-fidelity).

A capo di questa sperimentazione ci sono i ricercatori della Fudan University di Shanghai che hanno connesso al web quattro computer tramite un'unica lampada a Led da un Watt. La scelta non è stata casuale visto che solo questo tipo di luce a differenza di quella a incandescenza è facilmente controllabile e capace di intermittenze di pochi microsecondi.

C'È UN CHIP NELLA LAMPADINA In pratica, nella lampadina è stato posizionato un chip che invia i dati a una frequenza dello spettro elettromagnetico visibile a occhio nudo. I dati illuminati vengono catturati da un sensore sul pc (simile a una videocamera nel funzionamento) che li trasforma per darli in pasto al computer.

Nel web siamo guidati da un algoritmo nascosto

Algoritmo nascostoLibertà di espressione e discussione: sono le condizioni-base per un vero spazio aperto secondo Jürgen Habermas, il padre del concetto di “sfera pubblica”.

Siamo sicuri che il web sia corretto nel dare più spazio a certe informazioni rispetto ad altre?

Niente affatto, rivela Francesca Musiani, perché a governare il digitale – e quindi noi, opinione pubblica – è soltanto un sistema di algoritmi. Secondo un giurista come Yochai Benkler, autore di studi sullo stato di salute democratica dei network, oggi viviamo in un “ordinamento globale” intrinseco alla Rete.

Caratteristica centrale: la selezione decisiva delle informazioni più rilevanti non è più monopolio dei “gatekeepers” – giornalisti, bibliotecari, editori – ma è delegata agli utenti di Internet, editori essi stessi.

Citandosi e raccomandandosi l’un l’altro in “nicchie conversazionali”, individui e gruppi selezionano l’informazione “di qualità” per gli algoritmi, i quali a loro volta la classificano e la ordinano per renderla disponibile attraverso i motori di ricerca. Così, l’ordinamento delle informazioni presenti sul web diventa una co-produzione degli utenti, inconsapevoli però della sintesi realizzata dagli algoritmi.

Proprio agli algoritmi, spiega Francesca Musiani in un saggio pubblicato sull’“Internet Policy Review” e sintetizzato da “Doppiozero”, deleghiamo l’integrazione delle nostre conversazioni on-line.

Il concetto di personalità virtuale

VirtualeIl concetto di personalità virtuale o di entità virtuale parte dall'ipotesi che ciò che conta sia il comportamento risultante dal corretto funzionamento del programma nel rispondere a domande.

L'approccio teorico segue lo schema della “black box” ovvero ci si prefigge la costruzione di una “scatola nera” in grado di rispondere ad una serie pressoché infinita di input.

DOMANDA ==> PROGRAMMA ==> RISPOSTA

Allo stato attuale delle conoscenze questo approccio sembra a molti il più robusto sia in termini teorici che applicativi. Infatti consente di utilizzare un discreto numero di strumenti software già elaborati e l'impatto psicologico si è dimostrato, in situazioni analoghe, ben accettato.

L'obiettivo operativo consiste nel configurare la reazione della black box in modo tale da somigliare il più possibile allo stile di reazione della persona da sintetizzare.

In fondo la percezione che noi abbiamo della personalità di un individuo non è altro che l'insieme delle sue reazioni rispetto ai quotidiani stimoli esterni: le sue opinioni, il modo di esprimerle, il suo modo di rapportarsi con noi, con gli estranei, con gli eventi che scorrono.

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