Psichiatria

Ludopatia: come riconoscerla e come tutelarsi legalmente

LudopatiaIl gioco d’azzardo e la ludopatia sono sempre più diffuse. Una malattia comportamentale in grado di mettere a repentaglio la coesione della famiglia e il patrimonio.

È un fenomeno sociale in netto aumento, anche perché inversamente proporzionale alla crisi economica, infatti più le famiglie diventano povere e più aumenta la percentuale di chi gioca d’azzardo.

La ludopatia però è anche una vera e propria malattia comportamentale (così definita nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), che rende incapaci le persone, in tutto o in parte (il che nella sostanza si equivale), di resistere all’impulso di giocare d’azzardo o fare scommesse, nonostante l’individuo sia consapevole delle gravi conseguenze delle sue azioni.

Questo malattia genera dipendenza tanto da avere per molti tratti una stretta correlazione con la tossicodipendenza.

In linea generale le linee guida sull’argomento ritengono che quando ricorrono almeno 5 dei sintomi e segnali che sono sotto elencati si può ritenere che il soggetto sia affetto, seppur con intensità diverse, da ludopatia:

La solitudine mette in pericolo la salute

SolitudineSolitudine e sensazione di isolamento provate da molti adulti aumenterebbero del 14% le probabilità di morire prematuramente, oltre ad abbassare notevolmente le difese immunitarie dell’organismo

Nonostante i ricercatori sappiano da tempo che la solitudine, e in particolare la sensazione di isolamento dalla società percepita da molti adulti, ha conseguenze importanti sulla salute dell’individuo, i meccanismi cellulari che sono responsabili di questo fenomeno non erano fino ad ancora chiari finora.

Qualcosa in più al riguardo lo suggerisce oggi uno studio condotto da John Cacioppo della University of Chicago e il suo team di psicologi, che ha mostrato come la solitudine possa portare a un aumento del 14% delle probabilità di morte prematura e ha fatto luce su come faccia scattare delle reazioni psicologiche in grado, essenzialmente, di farci ammalare.

La ricerca, pubblicata su Pnas, mostra che l’isolamento porta il corpo a rispondere con un tipo di reazione chiamata “combatti o fuggi” un meccanismo psicologico che viene solitamente usato dall’organismo quando si percepisce un pericolo immediato. Questo, alla lunga, può danneggiare la produzione dei globuli bianchi.

La demenza è ormai diventata una epidemia

La demenza colpisce sempre di più i quarantenniPubblichiamo un importante articolo tratto da una testata mainstream. Fatta la tara di qualche luogo comune (l’età media che si allunga, l’attività fisica come panacea…) ed assurdità (che cosa c’entra il clima con l’inquinamento?), la ricerca compiuta nel Regno Unito conferma quanto asseriamo da almeno un quinquennio.

Si sta diffondendo un’epidemia silenziosa che sta colpendo molti più pazienti oggi di quanto avveniva vent’anni fa. È la demenza, che forse smetteremo di chiamare “senile”: si riscontra un preoccupante aumento dei casi precoci, soprattutto tra i quarantenni. Se, infatti, negli anni 90' del XX secolo la diagnosi si situava intorno ai sessant’anni, oggi la diagnosi di un principio di demenza avviene molto prima.

Una ricerca condotta presso la Bournemouth University ha lanciato l’allarme sul rischio, sempre più concreto, di ammalarsi in età adulta, in una fascia anagrafica pur sempre lontana dalla senilità, tenendo conto, tra l’altro, dell’allungamento della speranza di vita (che è una fola, n.d.r.). I principali responsabili di questa insorgenza precoce sono fattori ambientali, tra cui l’inquinamento atmosferico prodotto dagli scarichi degli aerei e delle auto.

Pagine