Scienza

Nuovo metodo per creare batterie autoriparanti

Nuovo metodo per creare batterie autoriparanti

Gli ingegneri dell'Università di Tokyo hanno sviluppato un nuovo metodo per creare batterie a lunga durata e ad alta capacità.

Gli ingegneri presso l'Università di Tokyo sono sempre all'avanguardia nel trovare nuove strategie per migliorare la tecnologia delle batterie. Il professor Atsuo Yamada (1) e il suo team, hanno recentemente sviluppato un materiale che potrebbe prolungare significativamente la durata delle batterie e offrire loro anche capacità più elevate. La ricerca è stata pubblicata da Nature Communications. (2)

Dagli smartphone ai pacemaker e ora anche alle auto. Le batterie alimentano gran parte del nostro mondo e la loro importanza continua a crescere. Ci sono due aspetti particolari delle batterie che molti ritengono debbano migliorare per soddisfare i nostri futuri bisogni. Questi sono la longevità della batteria e anche la sua capacità, ovvero quanta carica può immagazzinare.

È probabile che i tuoi dispositivi utilizzino un tipo di batteria chiamata batteria agli ioni di litio. Ma un altro tipo basato sul sodio piuttosto che sul litio potrebbe presto diventare un luogo comune. Entrambi i tipi di batteria possono immagazzinare e fornire una grande quantità di carica, grazie al modo in cui i materiali costitutivi trasmettono gli elettroni nel suo sistema. Ma sia nelle batterie al litio che in quelle al sodio, cicli ripetuti di carica e utilizzo possono ridurre significativamente la capacità di stoccaggio nel tempo.

Se tu potessi vedere all'interno di una normale batteria, osserveresti strati di materiale metallico. Man mano che le batterie si caricano e scaricano, questi strati si degradano e sviluppano fessure o scaglie chiamate - errori di stacking - che riducono la capacità delle batterie di immagazzinare e fornire carica. Questi errori di stacking si verificano perché il materiale è tenuto insieme da una forza debole chiamata forza di Van der Waals, che è facilmente sopraffatta dallo stress messo sui materiali durante la carica e l'uso.

Macchina di calcolo basata sulla luce

Macchina di calcolo basata sulla luce

Macchina di calcolo che elaborando i dati alla velocità della luce. Il risultato apre importanti prospettive per lo sviluppo di tecnologie applicabili a numerosi ambiti disciplinari: dal sequenziamento genico, alla generazione di bit-coin e password sicure.

Lo studio, condotto da un gruppo di ricerca del Dipartimento di fisica della Sapienza e dell'Istituto dei sistemi complessi del Cnr, è pubblicato sulla rivista Physical Review Letters.

Trovare il tragitto più corto che collega molte città, confrontando i numerosi e diversi percorsi, è un compito che diventa sempre più arduo al crescere del numero di città da visitare. Calcoli di ottimizzazione combinatoria, simili a questo, sono molto frequenti nella quotidianità, nella scienza e nell'ingegneria, ma sono difficilmente trattabili su larga scala dai computer tradizionali.

Lo sviluppo di nuovi sistemi hardware che possano risolvere efficacemente complesse ottimizzazioni è una delle sfide della scienza moderna. Una direzione promettente è quella di codificare tali problemi in modelli di Ising, modelli fisico-matematici definiti da un insieme finito di variabili (spin), che possano essere risolti da specifici processori ottici, definite macchine di Ising. Queste macchine di calcolo codificano lo stato delle variabili e le loro connessioni nell'ampiezza e nella fase del campo elettromagnetico. Elaborando i dati alla velocità della luce attraverso diversi canali spaziali e di frequenze, promettono di essere estremamente più rapide di quelle elettroniche.

Il team di ricerca del Dipartimento di fisica della Sapienza e dell'Istituto dei sistemi complessi del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isc), costituito da Davide Pierangeli e Giulia Marcucci e coordinato da Claudio Conti, ha progettato e realizzato sperimentalmente la più grande macchina di Ising mai dimostrata prima. Il risultato, pubblicato sulla rivista Physical Review Letters, apre importanti prospettive per lo sviluppo di tecnologie future.

Dall'aria un nuovo processo per catturare e riciclare il CO2

Dall'aria un nuovo processo per catturare e riciclare il CO2

Dall'aria sottile: un nuovo processo elettrochimico accorcia la strada per catturare e riciclare il CO2. Gli ingegneri offrono una tecnica promettente per convertire il CO2 (diossido di carbonio) atmosferico in prodotti di valore commerciale.

Un team di ricerca di U of T Engineering ha sviluppato un nuovo percorso elettrochimico per trasformare il CO2 in prodotti di valore come il carburante per jet o la plastica. Catturare e riciclare il carbonio direttamente dall'aria. Una tecnologia che potrebbe migliorare significativamente l'economia.

Il dottor Edward (Ted) Sargent, (1) docente presso l'Università di Toronto e direttore del gruppo di ricerca, afferma: “oggi è tecnicamente possibile catturare il diossido di carbonio (CO2) dall'aria e, attraverso una serie di passaggi, convertirla in prodotti commerciali. La sfida è che ci vuole un sacco di energia per farlo, il che incrementa i costi e riduce l'incentivo. La nostra strategia aumenta l'efficienza energetica globale evitando alcune delle perdite più energivore.”

Estrarre il carbonio dall'aria è una tecnologia emergente. Le aziende mirano a produrre combustibili o plastiche dal carbonio che è già nell'atmosfera, piuttosto che dai combustibili fossili. La compagnia canadese Carbon Engineering, che ha costruito un impianto pilota a Squamish, nella provincia canadese della Columbia Britannica, (2) cattura CO2 forzando l'aria attraverso una soluzione liquida alcalina. Il CO2 si dissolve nel liquido, formando una sostanza chiamata carbonato.

Per essere completamente riciclato, il carbonato disciolto viene normalmente trasformato in gas CO2 e quindi in blocchi chimici che costituiscono la base di combustibili e materie plastiche. Un modo per farlo è aggiungere sostanze chimiche che convertono il carbonato in un sale solido. Questa polvere salina viene quindi riscaldata a temperature superiori ai 900°C per produrre gas CO2 che può subire ulteriori trasformazioni. L'energia richiesta per questo riscaldamento fa aumentare il costo dei prodotti derivati.

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