Biologia

Le proprietà meccaniche dei tessuti umani


Il risultato è stato ottenuto grazie a una tecnica microscopica innovativa e non invasiva, che apre una strada nella diagnostica clinica

Grazie alla sinergia di diversi Istituti del Cnr con ricercatori di Lens e Università di Perugia è stato possibile correlare l'elasticità del collagene alla sua morfologia ultrastrutturale più che alle sue caratteristiche biochimiche.

Grazie alla sinergia di tecnologie e personale del Consiglio nazionale delle ricerche - Istituto nazionale di ottica (Cnr-Ino), Istituto di fisica applicata Nello Carrara (Cnr-Ifac) e Istituto di chimica dei composti organometallici (Cnr-Iccom) di Sesto Fiorentino, Istituto officina dei materiali (Cnr-Iom) di Perugia - con colleghi del Lens e dell'Università di Perugia, per la prima volta è stato possibile correlare l'architettura del collagene alla sua elasticità, mettendo in risalto che le proprietà meccaniche dei tessuti sono determinate dalla morfologia ultrastrutturale del collagene, piuttosto che dalle sue caratteristiche biochimiche.

Il risultato, pubblicato su Nature - Communications Biology, è stato ottenuto grazie alla messa a punto di una tecnica microscopica capace di sondare morfologia, meccanica e biochimica dei tessuti umani in maniera innovativa e, attraverso la diagnostica clinica, apre la strada all'utilizzo della metodica in moltissimi ambiti biologici e biomedici, dalla differenziazione cellulare alla medicina rigenerativa.

“2Lo studio è di fondamentale importanza in molteplici campi. Il collagene infatti è la proteina strutturale più abbondante negli organismi viventi: forma la struttura di ossa, muscoli, tendini, legamenti e cartilagini, oltre a formare il tessuto connettivo su cui crescono e si sviluppano le diverse cellule che formano un organismo”, conferma Silvia Caponi, ricercatrice di Cnr-Iom. "Sappiamo che in ogni struttura biologica le proprietà morfologiche influenzano fortemente le caratteristiche meccaniche e che la corretta funzionalità dei tessuti è garantita dal bilanciamento di composizione chimica, caratteristiche morfologiche e meccaniche. Ora abbiamo un nuovo strumento di indagine in grado di individuare precocemente segnali di alterazioni nei tessuti in maniera non invasiva".

La sincronicità dei batteri delle barriere coralline

I batteri presenti nell'acqua, in prossimità delle barriere coralline, mutano radicalmente nel corso della notte rispetto al giorno

Nei ritmi giorno-notte i batteri mutano negli ecosistemi della barriera corallina.

Negli ecosistemi delle barriere coralline, tra coralli sassosi, fronde di alghe e banchi di pesci, i microrganismi sono essenziali per riciclare i nutrienti - trasformando frammenti di materia organica in forme di azoto e fosforo che sono utili agli organismi fotosintetici.

Uno studio, pubblicato recentemente su Nature Communications, (1) svolto da ricercatori della San Diego State University (SDSU), dell'Università di Hawaii a Manoa, dello Scripps Institution of Oceanography e di altre istituzioni scientifiche, ha accertato che i batteri presenti nell'acqua, sovrastante le barriere coralline, mutano radicalmente nel corso della notte. Inoltre, come se queste comunità fossero tutte al corrente dello stesso programma, questi cambiamenti risultano sincronizzati tra barriere coralline distanti fra loro centinaia di chilometri.

“Le indagini sui ritmi giorno-notte dei processi della barriera corallina sono necessarie per comprendere, a livello olistico, i ruoli funzionali dei microbi in questi ecosistemi”, ha detto Linda Wegley Kelly, (2) assistente supplente alla ricerca presso la San Diego State University (SDSU) e autrice principale dello studio.

Nel 2013, un team internazionale di ricercatori ha effettuò una crociera verso le Southern Line Islands, (3) un arcipelago remota di isole equatoriali a sud delle Hawaii, per misurare una serie di processi della barriera corallina. A mezzanotte, per evitare i rischi della navigazione e delle immersioni di notte, un campionatore autonomo fu progettato con lo scopo di raccogliere un campione d'acqua appena sopra la barriera corallina. Raccogliendo campioni in questo modo, i ricercatori misurarono, in numerosi siti, i cambiamenti nella chimica dell'acqua e i tipi di microbi presenti nelle ore notturne per confrontarli con le rilevazioni fatte nelle ore diurne. Il team utilizzò strumenti di genomica per mostrare come questi cambiamenti della comunità determinano i processi microbici nelle barriere che si differenziano tra il giorno e le notte.

Organismo con i geni della clorofilla che non fotosintetizza

Questo organismo, soprannominato corallicolid, pone nuovi quisiti biochimici. Sembra un parassita e sicuramente non è fotosintetico, ma genera clorofilla

Per la prima volta gli scienziati hanno trovato un organismo in grado di produrre clorofilla che non si impegna nella fotosintesi.

L'organismo particolare è soprannominato ‘corallicolid’ perché è presente nel 70% dei coralli in tutto il mondo e potrebbe fornire indizi per proteggere le barriere coralline in futuro.

“Questo è il secondo convivente più abbondante di corallo sul pianeta, ma prima d’ora non era ancora stato studiato”, spiega il dottor Patrick Keeling, (1) botanico dell'Università e della Columbia Britannica e ricercatore senior e supervisore dello studio pubblicato su Nature. (2) “Questo organismo pone nuovi quisiti biochimici. Esso sembra un parassita e sicuramente non è fotosintetico, ma genera clorofilla”.

La clorofilla è il pigmento verde presente nelle piante e nelle alghe che consente loro di assorbire energia dalla luce solare durante la fotosintesi.

“Avere clorofilla senza fotosintesi è in realtà molto pericoloso perché la clorofilla cattura l'energia, ma senza la fotosintesi, che rilascia lentamente l'energia accumulata, è come vivere con una bomba nelle cellule”, dice il dottor Patrick Keeling.

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