Cybercrime

Nel web siamo guidati da un algoritmo nascosto

Algoritmo nascostoLibertà di espressione e discussione: sono le condizioni-base per un vero spazio aperto secondo Jürgen Habermas, il padre del concetto di “sfera pubblica”.

Siamo sicuri che il web sia corretto nel dare più spazio a certe informazioni rispetto ad altre?

Niente affatto, rivela Francesca Musiani, perché a governare il digitale – e quindi noi, opinione pubblica – è soltanto un sistema di algoritmi. Secondo un giurista come Yochai Benkler, autore di studi sullo stato di salute democratica dei network, oggi viviamo in un “ordinamento globale” intrinseco alla Rete.

Caratteristica centrale: la selezione decisiva delle informazioni più rilevanti non è più monopolio dei “gatekeepers” – giornalisti, bibliotecari, editori – ma è delegata agli utenti di Internet, editori essi stessi.

Citandosi e raccomandandosi l’un l’altro in “nicchie conversazionali”, individui e gruppi selezionano l’informazione “di qualità” per gli algoritmi, i quali a loro volta la classificano e la ordinano per renderla disponibile attraverso i motori di ricerca. Così, l’ordinamento delle informazioni presenti sul web diventa una co-produzione degli utenti, inconsapevoli però della sintesi realizzata dagli algoritmi.

Proprio agli algoritmi, spiega Francesca Musiani in un saggio pubblicato sull’“Internet Policy Review” e sintetizzato da “Doppiozero”, deleghiamo l’integrazione delle nostre conversazioni on-line.

Prepariamoci agli spot pubblicitari nel cervello durante il sonno

Messaggi elettronici al cervelloSky Germania sta sperimentando il modo per mandare la pubblicità direttamente nel cervello degli utenti.

La pubblicità che penetra direttamente nel cervello sta diventando realtà: l’agenzia pubblicitaria BBDO Germania, al servizio di Sky Deutschland, ha inventato una maniera efficace per trasmettere gli annunci direttamente nel cervello delle persone.

Sfrutta la “tecnologia di conduzione ossea“, che trasmette il suono all’orecchio interno mediante vibrazioni attraverso il cranio, con il risultato che i suoni sembrano generati dentro alla nostra testa.

La BBC spiega che la prima sperimentazione è stata condotta sui treni, i cui finestrini sono stati trasformati in Talking Windows, in grado di comunicare messaggi ai passeggeri.

In pratica sono stati collegati ai finestrini dei trasmettitori che inviano messaggi attraverso il vetro, e quando il passeggero si addormenta e vi appoggia il capo sente una voce che gli dice di scaricare l’app Sky Go per smartphone. Chi gli sta attorno non si accorge di nulla.

La tecnologia di conduzione ossea è già in uso negli apparecchi acustici, nelle cuffie per nuotatori e corridori, e negli spettacoli di magia. Anche Google potrebbe usarla nei Glass in futuro. Il problema è che in questo caso gli utenti non hanno acconsentito ad usarla e vengono costretti a subire un messaggio che avrebbero volentieri ignorato.

I droni spia di Google Street View

Drone GoogleNel 2009, l’amministratore delegato di Google e ora presidente esecutivo Erich Schmidt - già sotto tiro per la strategia adottata dalla sua compagnia, ovvero raccogliere, immagazzinare e estrarre ogni briciolo di dato personale – ha affermato alla rete televisiva CNBC: “Se fate qualcosa che volete tenere nascosto, forse, innanzitutto, non dovreste farlo”.

Non fa una piega. Perché mai preoccuparsi della sorveglianza se non abbiamo fatto niente di male?

Questo, senza fronzoli, è ciò che Erich Schmidt pensa della privacy. Non ce n’è. Non ne abbiamo bisogno. Non la vogliamo. Non è una cosa buona per noi. Ti fa solo apparire colpevole. Questa è la filosofia su cui si basa uno stato di polizia.

Google non si pente di leggere le e-mail degli utenti di Gmail, di dare un’occhiata ai loro dettagli personali nei social network, di tracciare le persone attraverso le loro ricerche, i loro acquisti e i loro modelli di lettura. Trae conclusioni e combina il tutto con altri dati creando un meraviglioso insieme. C’è poco che Google non sappia delle persone che utilizzano dispositivi portatili basati su Android.

Google non è l’unico “collettore di dati” là fuori (“data-hog” nell'originale, che suona come "maiale che si ingozza di qualsiasi dato", NdT), e forse non è quello che possiede la maggior parte di dati privati – questo è probabilmente Facebook – ma dispone di alcuni strumenti unici non legati ad internet. Ad esempio, le sue macchine Street View, che registrano a vista tutto ciò che succede in ogni quartiere nel mondo, raccogliendo inoltre dati wireless dalle reti di case ed aziende.

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