Pierre Plantard

Il ciclo perpetuo della vita come spiegazione universale ad ogni crisi ed altro fenomeno sociale attuale

Castel Sant'Angelo a RomaLa Tradizione ci insegna che esiste un ciclo di vita perpetuo ed universale, il quale raggiunge un suo picco di massima completezza e realizzazione in ogni cosa, una volta raggiunto questo picco, si innesta un ineluttabile ed inarrestabile processo di degenerazione e disfacimento dell'oggetto, della creatura o del fenomeno in questione e questa legge è universale, dal momento che è osservabile e riscontrabile in tutto quello che esiste.

L'universo è frattalico e questo è osservabile in natura e sotto molti suoi aspetti, la bambola Matrioska, tipica della tradizione russa, è una metafora che ritrae e simboleggia questa verità; si può quindi arrivare ad osservare lo stesso fenomeno del frattale, anche in diversi ambiti non accademicamente convenzionali e questo per quanto apparentemente clamoroso e stupefacente, è in realtà assolutamente coerente, logico e riscontrabile.

Se prendiamo come primo ordinario esempio, un comunissimo fiore, vedremo che esso, crescendo sboccerà, man mano raggiungendo la sua fase di massima completezza e splendore che è piuttosto breve e limitata nel tempo, per poi iniziare una fase di declino, che porterà il fiore ad appassire fino a ricongiungersi con la terra.

Andando invece su qualcosa di più specifico e vicino all'uomo, prendiamo ad esempio, l'evoluzione ed il declino di un atleta. Se noi osserviamo la carriera di qualsiasi atleta esistente o esistito, che sia arrivata alla conclusione, potremo osservare lo stesso fenomeno, con l'aggiunta significativa del fatto che nessuna misura tecnica e nessuna conoscenza o investimento di volontà può invertire il processo, ovvero, una volta che un atleta ha raggiunto il suo stato di massima perfezione ed evoluzione, dopo il più o meno breve periodo di stabilità, inizia una inesorabile ed ineluttabile fase di declino, che è soggettiva nei tempi ma la quale, una volta iniziata, è assolutamente irreversibile e l'età non centra, dal momento che questo succede talvolta anche quando gli atleti sono ancora giovani per la disciplina che praticano.

Il Priorato di Sion dalla tradizione all'età moderna di Marco Rigamonti

Il Priorato di Sion - dalla tradizione all'età moderna di Marco RigamontiIntroduzione all'opera

L'intento al quale si vuole dar seguito con questa opera, è quello di delineare, attraverso un linguaggio non ermetico, una panoramica generale nei riguardi di alcune tra le conoscenze principali delle quali il Priorato di Sion è depositario.

Si è deciso di rendere disponibile una scorsa introduttiva in merito ad alcune conoscenze cardine dell'Ordine, che possa avviare appropriatamente il lettore sulla pista di ricerca iniziatico-spirituale.

Verrà trattata in maniera particolare, la natura dell'impatto che hanno gli insegnamenti di Sion e delle sue tradizioni, sulla crescita interiore della persona che ne viene a contatto, la quale intraprende un percorso iniziatico che porta verso una sempre maggiore libertà interiore la quale nasce e acquisisce forma e dimensione da una consapevolezza, a sua volta conseguenza di un recupero di potenzialità e capacità ormai perdute dalle masse, perchè atrofizzate dalla eccessiva banalizzazione e volgarizzazione del modo di essere moderno, funzionale nello spingere l'individuo verso uno stile di vita sterilmente immolato quasi unicamente in ragione del perpetuarsi del sistema prettamente commerciale e consumistico.

Gli inizi del pensiero filosofico-religioso della civiltà umana

TemplariIl 23 maggio di ogni anno, nel paesino di Les Saintes Maries-de-la-Mer nella Francia del Sud, si festeggia il giorno dell’arrivo di Maria Maddalena, sua figlia Sara ed alcuni sacerdoti tra cui Simone Lazzaro, lo Zelota. Nella tradizione ebraica Maria (o Miriam) e Sarah, più che nomi, sono titoli. Maria è un titolo sacerdotale mentre Sarah indica il titolo di regina o principessa.

Il plurale del nome Les Saintes Maries-de-la-Mer prende origine dalla venuta dal mare di due Marie, Magdala e Sarah. Ancora oggi gli zingari del sud della Francia chiamano Sarah “l’Egiziana” o “Notre Dame Noir”. Nera, non per la carnagione mediorientale o la pelle bruciata dal sole dell’Egitto dove Maddalena s’è rifugiata dopo la fuga da Gerusalemme, ma perchè questo colore è riservato alle sacerdotesse del rango di Sofia, iniziate nel sacro sapere di Iside, la dea egiziana della sapienza della natura di tutte le cose, la gnosis. Nel credo gnostico-iniziatico, il nero significa che la consapevolezza del Sé, la conoscenza e il sapere, esistono già prima della dualità, la polarizzazione dalla quale origina la luce e il piano fisico. Nel vangelo di Marco si legge che quando il discendente della casa reale davidiana, il nazar-esseno (esseno di Nazar) Yeshua ben Joseph, Gesù, fu nella casa di Simone Lazzaro a Betania, gli si avvicinò una donna con un contenitore d’alabastro. Questa donna, Maria Maddalena, unse la sua testa con olio prezioso.

I greci chiamano questo rituale hieros gamos, o sacro matrimonio. Nella tradizione ebraica, come anche in quella sumera, babilonese e cananea, l’unzione rituale del re è eseguita esclusivamente dalla sacerdotessa reale o dalla sposa reale, nel suo ruolo di Iside. Solo dopo quest’unione rituale con la sacerdotessa il re assume il proprio ruolo di messiah, l’unto. Nel medioevo, l’idea che Maria Maddalena fosse una sacerdotessa di sangue reale e sposa di Gesù è molto diffusa. L’arcivescovo di Mayence, Raban Maar (776-856), nella sua opera “La vita di Maria Maddalena”, scrive che la madre di Maria Maddalena, Eucharia, è di sangue reale asmonita, il che fa di Maddalena una principessa.

Le tradizioni di quel tempo raccontano che i discendenti di Sara si sposarono con le famiglie Visigote dell’epoca, dando inizio alla dinastia dei Merovingi. I Visigoti stessi reclamano di discendere da re Davide e Salomone e di essere fuggiti nella regione dell’Arcadia, in Grecia, prima di occupare il nord della Francia. Quasi sconosciuti fino poco tempo fa, oggi si sa che i re merovingi non si tagliarono i capelli e che praticarono riti iniziatici simili a quelli degli adepti nazareni e di altre sette gnostiche. Dal loro popolo furono considerati “re sacri” perché regnavano secondo l’antica tradizione dei re-pescatori, che si rifanno all’insegnamento di Gesù di servire anziché dominare. Il titolo re-pescatore è molto antico. Appare già nelle tavolette sumere dove indica il rango dello scienziato-sacerdote (dotto nel sacro sapere), Ea/Enki, il nefilim con il titolo “Signore della Terra” perché era arrivato per primo “dal cielo sulla terra”.

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