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Il sesto senso è un'attività anticipatoria neuronale

CervelloÈ capitato a tutti di avere presentimenti che inducono a scegliere una direzione piuttosto che un'altra o a prendere una particolare decisione. Attribuiamo queste scelte al cosiddetto 'sesto senso', una sorta di istinto che ci spinge a scelte, che vanno oltre il ragionamento.

Ma il sesto senso esiste davvero?

“Gli organi di senso con i quali vengono raccolte le informazioni dall'ambiente sono solo cinque. A questi va aggiunto l'intuito, quando, anche senza rendercene conto, percepiamo dati dall'ambiente e li analizziamo attingendo alle nostre esperienze passate e sulla base di queste facciamo previsioni”, spiega Marzia Baldereschi dell'Istituto di neuroscienze (In) del Cnr. “Una persona intuitiva sa dunque sfruttare bene e rapidamente il patrimonio fornitogli dall'esperienza e sa interpretare indizi percepiti anche in modo inconsapevole”.

Il sesto senso è definibile dunque come un 'sapere senza vedere', in cui inconsapevolmente si avverte una situazione in anticipo rispetto al reale accadimento, ovvero si prevede. “I neuroscienziati hanno definito questo fenomeno un' 'attività anticipatoria neuronale' e recentemente uno studio della Scuola Normale Superiore di Parigi ha addirittura identificato aree e circuiti neurali del sesto senso, differenti a seconda del tipo di personalità”, continua Baldereschi.

Gli studi su C. elegans svelano i meccanismi del gusto

C. ElegansIl gusto è il primo senso a svilupparsi nei neonati. In ogni individuo la percezione dei cinque sapori fondamentali (dolce, amaro, acido, salato, umami) è legata ai recettori specializzati sparsi in zone diverse della lingua.

Anche saper distinguere tra cibo desiderabile e cibo potenzialmente pericoloso è però una capacità fondamentale per sopravvivere, che tutti gli organismi, incluso l'uomo, devono possedere. Secondo gli studiosi, la capacità di riconoscere istintivamente gli alimenti commestibili risale alla preistoria: l'uomo sarebbe dotato di una memoria genetica, costruita durante l'evoluzione, che gli consente di riconoscere cosa gli fa bene e cosa gli fa male. La nostra capacità di percepire, riconoscere e scegliere i cibi dipende però, oltre che da questa eredità genetica, anche da variabili fisiologiche e dall'esperienza.

Un contributo per capire come gli animali individuino il cibo e lo distinguano da altri stimoli presenti nell'ambiente e come funzionino le cellule responsabili di queste risposte è stato dato dal nematode Caenorhabditis elegans (C. elegans), un verme lungo un millimetro, utilizzato per molteplici studi grazie alla sua versatilità sperimentale.

Un prototipo di naso elettronico

NasoSiamo così abituati a usarlo in modo spontaneo e automatico, che non ci rendiamo conto di quanto l'olfatto guidi le nostre scelte e condizioni la nostra vita. Uno dei passaggi più famosi de 'À la recherche du temps perdu' di Marcel Proust è quello in cui il protagonista, assaggiando un dolce, ricorda l'infanzia passata dalla zia malata a Combray.

Gli aromi innescano ricordi o desideri che influenzano in modo subliminale gli esseri umani: un odore è capace di emozionarci, ricordandoci una persona o una situazione precisa. Negli anni Ottanta, il fisiologo inglese Krishna Persaud ha immaginato addirittura di utilizzare sensori chimici per realizzare uno strumento in grado di imitare il comportamento dell'olfatto naturale, dando vita al primo naso elettronico.

Il naso elettronico si compone di sensori che simulano i recettori olfattivi situati nelle narici e di un sistema di elaborazione dati che classifica gli odori mimando il ruolo della corteccia cerebrale; è però complicato riprodurre l'ampio spettro di applicabilità, perché a fronte dei circa 100 milioni di recettori utilizzati dall'olfatto umano i nasi elettronici attuali fanno uso di poche unità o al massimo decine di sensori.

Al momento questi dispositivi sono in grado di fornire risposte solo a problemi specifici e trovano applicazione soprattutto nel settore alimentare, dove rappresentano un valido supporto per il controllo della qualità dei prodotti.

In questo ambito svolge attività di ricerca anche l'Istituto di biofisica (Ibf) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Palermo, che ha utilizzato un naso elettronico per valutare la qualità delle mele ready-to-eat (pronte da mangiare) che, nonostante la durata di conservazione fissata dal punto di vista microbiologico a circa una settimana sotto refrigerazione, in pochi giorni subiscono degradazioni biochimiche che producono cattivi sapori e cambiamenti nell'aspetto. “Parametri di qualità come acidità, solidi solubili e fermezza sono stati determinati a diversi tempi di conservazione (0, 4, 8 e 12 giorni) e i dati ottenuti dal naso elettronico sono stati confrontati con la valutazione sensoriale eseguita da un comitato di giudici, esperti assaggiatori”, spiega Valeria Guarrasi, tecnologo alimentare e ricercatrice dell'Ibf-Cnr. “Il cambiamento aromatico delle fette di mela confezionate, inoltre, è stato analizzato rispetto a due modalità di conservazione: in aria e in atmosfera modificata, conservate entrambe a 4 °C. I nostri dati mostrano che i cambiamenti aromatici rilevati dal naso elettronico sono in accordo con quelli ottenuti dalle analisi fisiche e chimiche e dal panel di valutazione. Si conferma che la conservazione di prodotti in atmosfera modificata con azoto è capace di prolungare la shelf-life delle fette di mela fresca tagliata fino a una settimana in più rispetto alla conservazione in aria non modificata”.

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