Edoardo Capuano

Direttore e fondatore della testata ECplanet.

Organismo con i geni della clorofilla che non fotosintetizza

Questo organismo, soprannominato corallicolid, pone nuovi quisiti biochimici. Sembra un parassita e sicuramente non è fotosintetico, ma genera clorofilla

Per la prima volta gli scienziati hanno trovato un organismo in grado di produrre clorofilla che non si impegna nella fotosintesi.

L'organismo particolare è soprannominato ‘corallicolid’ perché è presente nel 70% dei coralli in tutto il mondo e potrebbe fornire indizi per proteggere le barriere coralline in futuro.

“Questo è il secondo convivente più abbondante di corallo sul pianeta, ma prima d’ora non era ancora stato studiato”, spiega il dottor Patrick Keeling, (1) botanico dell'Università e della Columbia Britannica e ricercatore senior e supervisore dello studio pubblicato su Nature. (2) “Questo organismo pone nuovi quisiti biochimici. Esso sembra un parassita e sicuramente non è fotosintetico, ma genera clorofilla”.

La clorofilla è il pigmento verde presente nelle piante e nelle alghe che consente loro di assorbire energia dalla luce solare durante la fotosintesi.

“Avere clorofilla senza fotosintesi è in realtà molto pericoloso perché la clorofilla cattura l'energia, ma senza la fotosintesi, che rilascia lentamente l'energia accumulata, è come vivere con una bomba nelle cellule”, dice il dottor Patrick Keeling.

In Africa orientale il Serengeti-Mara è in crisi

Alcune aree in Africa hanno visto nell'ultimo decennio un aumento del 400% della popolazione umana e una riduzione degli animali di oltre il 75%

In Africa nell'ultimo decennio la popolazione umana è aumentata fino al 400%

Uno studio internazionale ha suggerito che l'aumento dell'attività umana intorno a uno degli ecosistemi più iconici dell'Africa implica: un restringimento considerevole delle aree dedicate alla fauna selvatica; il danneggiamento dell'habitat; l'alterazione e anche l'interruzione delle rotte migratorie di gnu, zebre e gazzelle.

Lo studio, condotto dall'università di Groningen con l'ausilio di collaboratori appartenenti a 11 istituzioni internazionali, dopo aver esaminato 40 anni di dati, ha rivelato che alcune aree di confine hanno visto un aumento del 400% della popolazione umana nell'ultimo decennio, mentre le popolazioni di specie selvatiche più numerose in aree chiave (la parte keniota) sono state ridotte di oltre il 75%.

I risultati sono stati recentemente pubblicati dalla rivista scientifica Science (1) dal dottor Michiel Veldhuis, autore principale dello studio dell'Università di Groningen: “Questa scoperta altera il nostro punto di vista su ciò che è necessario per proteggere la biodiversità.”

L'ecosistema Serengeti-Mara è uno degli ecosistemi più grandi e protetti della Terra, che si estende per 40.000 chilometri quadrati e ospita il Parco Nazionale del Serengeti e la Riserva Nazionale del Maasai Mara nell'Africa orientale. Ogni anno un milione di gnu, mezzo milione di gazzelle e 200.000 zebre compiono il pericoloso viaggio dal Parco del Serengeti in Tanzania verso la riserva di Maasai Mara in Kenya alla ricerca di acqua e pascoli.

Ora, un team internazionale di scienziati ha scoperto che l'aumento dell'attività umana lungo i confini sta avendo un impatto negativo su piante, animali e suoli. Lo studio rivela come la crescita della popolazione e l'afflusso di bestiame nelle zone adiacenti ai parchi hanno ristretto l'area disponibile per la migrazione di gnu, zebre e gazzelle, facendoli trascorrere più tempo a pascolare erbe meno nutrienti di quanto non fossero in passato. Ciò ha ridotto la frequenza degli incendi naturali, modificando la vegetazione e alterando le opportunità di pascolo per gli altri animali selvatici nelle aree centrali.

Le nuvole influenzano i cambiamenti climatici

Uno studio ha scoperto che le nuvole stanno modificando il riscaldamento creato dai cambiamenti climatici causati dall'uomo in alcune zone dela Terra

Un nuovo studio ha rivelato come le nuvole stanno modificando il riscaldamento creato dai cambiamenti climatici causati dall'uomo in alcune parti del mondo.

Guidati dal Tree Ring Research Group dell'Università di Swansea, ricercatori svedesi, finlandesi e norvegesi hanno analizzato le informazioni contenute negli anelli di alberi di pino antico della Scandinavia settentrionale per rivelare come le nuvole hanno ridotto l'impatto delle fasi naturali di calore in passato, e lo stanno facendo di nuovo, per moderare il riscaldamento causato dai cambiamenti climatici antropogenici.

Anche se la Scandinavia settentrionale dovrebbe essere fortemente influenzata dal riscaldamento globale, l'area ha subito un piccolo riscaldamento estivo negli ultimi decenni, in netto contrasto con la tendenza emisferica del riscaldamento delle temperature, che è fortemente legata all'aumento delle emissioni di gas serra. Secondo lo studio, le variazioni di temperatura sono state accompagnate da un aumento delle nuvole sulla Scandinavia settentrionale che hanno ridotto l'impatto del riscaldamento.

Mary Gagen, (1) professoressa di geografia all'Università di Swansea, ha dichiarato: “Il riscaldamento della superficie, causato dall'aumento dei gas serra, è modificato da una moltitudine di complessi processi. Questo significa che, in un momento particolare, si concretizzano grandi variazioni geografiche nella temperatura di un particolare luogo. Con l'aumento della temperatura media globale una delle dinamiche più importanti e più scarsamente comprensibili è il rapporto tra temperatura e nuvole. A questo punto, potremmo semplicemente pensare che quando è nuvoloso la temperatura è più fresca, mentre quando il sole splende nel cielo fa più caldo, ma non è sempre così.”

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