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Collasso della biodiversità nel mondo

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Le Nazioni Unite lanciano un allarme sul drammatico collasso della biodiversità nel mondo con uno studio. Una specie su otto si estinguerà a breve

Slow Food denuncia da oltre 20 anni i rischi di un sistema intensivo di produzione di cibo e ha già catalogato oltre 5.000 prodotti da salvare. Oggi chiede con forza ai governi mondiali di prendere in seria considerazione questi studi.

Un milione di piante e animali scompariranno dal pianeta in poco tempo e la salute degli ecosistemi si sta deteriorando più velocemente che mai. L'allarme arriva dalle Nazioni Unite: la Piattaforma intergovernativa scientifico-politica sulla biodiversità e gli ecosistemi (Ipbes) si è riunita a Parigi dal 29 aprile a oggi e ha reso pubblico l'esito di tre anni di ricerche sullo stato della biodiversità.

“Le più importanti istituzioni del mondo si stanno rendendo conto di una situazione drammatica che Slow Food denuncia da oltre vent'anni", dichiara Carlo Petrini, presidente di Slow Food. "Negli ultimi 70 anni abbiamo distrutto i tre quarti dell'agrobiodiversità che i contadini avevano selezionato nei 10.000 anni precedenti. Fonti autorevoli già da tempo ci stanno mettendo in guardia perché stiamo attraversando la sesta estinzione di massa e per la prima volta il responsabile di questa crisi ecologica globale è l'uomo. Lo scenario descritto è molto grave: la perdita di specie, razze e habitat naturali è pesantissima. Non abbiamo più tempo ma abbiamo uno strumento efficace con cui possiamo cambiare la situazione: il nostro cibo quotidiano. Cambiando le nostre scelte alimentari possiamo fare molto per salvare il suolo, le acque, l'intero pianeta”.

Le dighe nelle foreste tropicali alterano la biodiversità e gli ecosistemi

Le dighe non vanno costruite nella foresta tropicale delle pianure come il bacino amazzonico a causa degli impatti sulla biodiversità acquatica e terrestre

Le dighe non dovrebbero essere costruite nelle regioni di foresta tropicale di pianure a causa della minaccia che rappresentano per la biodiversità e gli ecosistemi, secondo gli esperti dell'Università di Stirling.

La raccomandazione - pubblicata nel Journal of Applied Ecology (1) - viene da un nuovo studio che si concentra sul sistema idroelettrico di Balbina nell'Amazzonia brasiliana. Come molti sistemi idroelettrici nella regione, la diga di Balbina ha causato un'estesa frammentazione delle foreste, con vaste aree di terra allagate una volta chiusa la diga, trasformando in isolette la cime delle colline, oramai sommerse.

L'area delle isole forestali createsi nell'invaso della diga non è stata presa in considerazione nella valutazione dell'impatto ambientale e nel processo di rilascio delle licenze delle dighe. Gli esperti hanno scoperto che le comunità arboree sulle isole di Balbina sono "instabili", con alcune specie rare che si estinguono a causa dell'isolamento e della densità degli alberi. Questo potrebbe portare a future perdite nella biodiversità e nel funzionamento degli ecosistemi, come lo stoccaggio del carbonio, attraverso le 3.500 riserve di Balbina.

La dott.ssa Isabel Jones, ecologa della Facoltà di Scienze Naturali di Stirling che ha condotto la ricerca, ha dichiarato: "Idealmente, raccomandiamo di non costruire dighe nelle regioni di foresta tropicale delle pianure come il bacino amazzonico, a causa degli impatti di vasta portata sulla biodiversità acquatica e terrestre".

Le alluvioni associate alla costruzione di mega-dighe nelle regioni di foresta tropicale pianeggiante possono influire negativamente sulla biodiversità attraverso la perdita di habitat terrestri e acquatici. In tutto il mondo, le dighe hanno spostato tra i 40 e gli 80 milioni di persone portando a impatti sociali significativi.

Inoltre, i bacini artificiali nelle regioni tropicali come il bacino amazzonico possono emettere quantità significative di gas serra, incluso il metano, che può rendere le dighe tropicali molto meno "verdi" rispetto ad altre fonti rinnovabili. Nonostante questo, la costruzione di dighe in Amazzonia è in aumento, con oltre 280 nuove dighe pianificate o già in costruzione, mettendo ia rischio di impatti una regione critica per l'equilibrio climatico globale e per la biodiversità.

Bollettino giugno 2018 deforestazione dell'Amazzonia

Il rapporto del giugno 2018 della SAD attesta come la deforestazione, con il conseguente degrado ambientale, dell'Amazzonia continua senza sosta

Rasi al suolo 1169 chilometri quadrati di alberi nell'Amazzonia

Fonseca, A., Justino, M., Cardoso, D., Ribeiro, J., Solomão, R., Souza Jr., C., & Veríssimo, A. 2018. Bollettino di deforestazione dell'Amazzonia legale (giugno 2018) SAD (p. 1). Belem: Imazon.

Nel giugno 2018, la SAD ha rilevato 1169 chilometri quadrati di deforestazione nell'Amazzonia. In questo bollettino,(1) la frazione di deforestazione tra 1 e 10 ettari era il 4% del totale rilevato (52 chilometri quadrati).

Considerando solo le segnalazioni da 10 ettari, si è registrato un aumento del 108% rispetto a giugno 2017, quando la deforestazione ha totalizzato 537 chilometri quadrati. Nel giugno 2018, la deforestazione è avvenuta in Amazonas (31%), Pará (29%), Rondônia (22%), Mato Grosso (16%), Roraima (1%) e Acre (1%).

Le foreste degradate dell'Amazzonia legale hanno raggiunto i 40 chilometri quadrati nel giugno 2018. Nel giugno 2017, il degrado forestale rilevato è stato di 8 chilometri quadrati. Nel giugno 2018, il degrado è stato rilevato negli stati di Pará (90%) e Mato Grosso (10%).

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