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Cervello danneggiato anche da moderate quantità di alcol

Una modesta assunzione di alcol che qualcuno ritiene sia benefica per il cuore, in realtà a diverse dosi è dannosa per il cervello in quanto riduce la produzione di neuroni e intacca la plasticità strutturale cerebrale.

Secondo alcuni, bere moderate quantità di bevande alcoliche può essere benefico per la salute cardiovascolare. Ma, posto che questo sia vero, secondo un nuovo studio della Rutgers University, sarebbe invece dannoso per il cervello adulto poiché ne verrebbe intaccata la plasticità strutturale.

I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Neuroscience, e suggeriscono che il cervello può essere danneggiato nella produzione di cellule, che verrebbe ridotta del 40%, in particolare se si è dediti a bere poco durante la settimana e bere di più nei fine settimana.

Ad averlo scoperto sono stati Tracey J. Shors, professoressa di neuroscienze comportamentali e sistemi presso la Rutgers University e la dottoressa Megan Anderson, le quali hanno collaborato con Miriam Nokia della University of Jyvaskyla in Finlandia.

«Anche bere con moderazione può trasformarsi in binge drinking [bere compulsivo] senza che la persona se ne accorga – ha commentato Anderson nella nota Rutgers – A breve termine potrebbero esserci danni motori o funzionali impercettibili, ma a lungo termine questo tipo di comportamento potrebbe avere effetti molto negativi su apprendimento e memoria».

I test per valutare l’impatto dell’alcol, nella misura dello 0,08% – che è il limite legale tollerato per la guida di un veicolo negli Usa e in altri Paesi – è stato condotto su modello animale. La dose di alcol è stata comparata a quella che si otterrebbe per un essere umano con il consumo di 3-4 bevande per le donne e 5 per gli uomini.

In Italia ogni anno vengono uccise dal fumo oltre 100mila persone

FumoOgni anno sono oltre centomila i decessi legati a fumo e poca attività fisica. Se si considerano poi anche alcol e cattiva alimentazione, insieme i 4 principali fattori di rischio, il numero sale ad oltre 150mila, andando quasi a sfiorare i 200mila.

Questo il quadro tracciato da Stefania Salmaso, direttore del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità, che insieme a Daniela Galeone, dirigente del ministero della Salute, ha presentato il secondo appuntamento nazionale a Venezia del programma 'Guadagnare Salute'.

Saranno Venezia ed il Veneto ad ospitare, il 21 e 22 giugno prossimi, la manifestazione scientifica nazionale “Le sfide della promozione della salute: dalla sorveglianza agli interventi sul territorio”. L'iniziativa vedrà la partecipazione di oltre mille esperti ed operatori provenienti da tutte le Regioni italiane, riuniti per fare il punto sulle azioni messe in atto per contrastare i principali fattori di rischio per la salute ed offrire un'occasione di confronto e di crescita per migliorare gli interventi sul territorio.

In Italia e in Europa le malattie croniche, che hanno in comune alcuni fattori di rischio legati a stili di vita non salutari (fumo, alcol, scorretta alimentazione, sovrappeso e obesità, inattività fisica) sono responsabili dell'86% dei decessi, del 77% degli anni di vita in salute perduti, e del 75% dei costi sanitari.

L'età e lo stress determinano la qualità del sonno

Sonno agitatoSicuramente lo stress non ci permette di vivere con un certo spirito le cose e, più il livello è alto, meno riusciamo a vivere con soddisfazione e la qualità della vita si abbassa.

Una ricerca condotta da studiosi tedeschi e basilesi ha evidenziato una relazione tra la qualità del sonno ed il livello di stress, calcolato per differenti fasce d’età.

Per lo studio, pubblicato in versione digitale su The Journals of Gerontology Series B: Psycological Sciences and Social Sciences”, sono stati utilizzati dati i del Gruppo tedesco di ricerca socioeconomico (SOEP), che dal 1984 ha svolto interviste per un totale di circa 14.200 persone fra i 18 e gli 85 anni.

Da questa ricerca è emerso come andare in pensione aiuterebbe ad innalzare la qualità del sonno. Inoltre proprio la qualità decresce dalla giovinezza al passaggio con la terza età per poi migliorare dai sessanta anni in su, specie se questa fase coincide con il pensionamento. Purtroppo, però, questo è un picco che decresce dopo un anno circa tendendo a degradarsi.

Inoltre, esiste una relazione tra qualità delle ore di riposo e stato di salute. Persone con obesità, problemi respiratori, cardiaci, o dolori cronici, dormono peggio rispetto alle altre, sane e senza problemi fisici.

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