Nanostrutture

Modello di materia soffice ad anelli elastici

Anelli elastici con taglia variabile da centinaia di nanometri a qualche micron come nuovo modello di materia soffice

Un team di ricerca del Cnr-Isc ha dimostrato, grazie a un modello numerico di materia composta da anelli elastici, come la risposta dinamica del sistema sia influenzata dall'abilità di deformarsi propria di questi colloidi soffici.

I colloidi sono particelle con taglia variabile da centinaia di nanometri a qualche micron e possono essere naturali o artificiali. L'avanzamento tecnologico degli ultimi 20 anni ha permesso di sintetizzare diverse varietà di queste particelle dalle molteplici proprietà, tra cui i cosiddetti colloidi 'soffici', fatti principalmente da materiale polimerico, ovvero catene flessibili che danno alle particelle la possibilità di deformarsi e di interpenetrarsi (pensate a delle reti estremamente morbide e intrecciate fra loro).

I collodi soffici presentano molteplici applicazioni ad esempio nella biomedicina, microfluidica e sensoristica ed è dunque importante comprendere come le proprietà di un singolo colloide influenzino il comportamento del materiale che essi formano.

In un recente studio numerico pubblicato su Nature Physics, (1) il team dell'Istituto dei sistemi complessi del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isc), composto da Nicoletta Gnan e Emanuela Zaccarelli, ha mostrato che un modello numerico di particelle soffici con un'elasticità interna è in grado di riprodurre meccanismi osservati sperimentalmente, ma finora incompresi a livello microscopico.

“Ispirate dalla natura polimerica di questi colloidi, abbiamo deciso di lavorare in due dimensioni e di considerare dei semplici anelli polimerici elastici”, spiega Nicoletta Gnan. “Questi sono assimilabili a dei cerchietti la cui forma circolare viene mantenuta per via delle interazioni elastiche interne, che riescono quindi a mimare l'effetto di una rete polimerica. Più è forte l'interazione elastica, più gli anelli polimerici diventano duri, viceversa quanto meno forti sono le interazioni elastiche, quanto più soffici sono gli anelli. Questo permette loro di deformarsi e in questo modo di immagazzinare spontaneamente energia elastica (stress) che poi rilasciano quando riescono a tornare in forma circolare”.

Nano-laser costituito da una rete di nanofibre polimeriche

Il Nano-laser non-convenzionale è una sorta di minuscola e impalpabile ragnatela, un intreccio di nanofibre polimeriche che emettono e amplificano la luce

Ricercatori dell'Istituto nanoscienze del Cnr, Imperial College e Università di Pisa realizzano un nuovo tipo di Nano-laser basato su un reticolo di filamenti plastici che emettono e amplificano la luce.

Pubblicato su Nature Communications, lo studio apre la strada a una nuova classe di dispositivi che potranno essere usati come sorgenti di luce miniaturizzate e sensori ottici ad alta efficienza

Un team di ricercatori dell'Istituto nanoscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (CnrNano) ha sviluppato un nuovo tipo di laser costituito da una rete di filamenti miniaturizzati di polimeri. Il risultato della collaborazione tra Imperial College di Londra, CnrNano, Università di Pisa, Università del Salento e Università di Exeter è pubblicato su Nature Communications, (1) e apre la strada ad una nuova classe di dispositivi laser che potranno essere usati come sorgenti di luce miniaturizzate e come sensori ottici ad alta efficienza.

Il cuore del laser non-convenzionale è una sorta di minuscola e impalpabile ragnatela, un intreccio di nanofibre polimeriche che emettono e amplificano la luce. “Contrariamente ai laser convenzionali che usano specchi o strutture periodiche per intrappolare ed amplificare la luce, in questo dispositivo essa è prodotta e amplificata dalla rete di filamenti”, spiega Andrea Camposeo di CnrNano. “Le nanofibre emettono luce e poi funzionano come fibre ottiche lungo le quali questa si propaga: intrappolata nel reticolo lungo i percorsi di una matrice disordinata la luce è soggetta a interferenze in centinaia di nodi ed emerge amplificata come luce laser”.

I ricercatori hanno realizzato una rete di nanofili composti da materiale fotoattivo, con un diametro di tra i 200 e i 500 nanometri (un nanometro è pari a un milionesimo di millimetro) e con un elevato numero di nodi e di rami. Ogni struttura è una rete disordinata planare, ramificata così da connettere ciascun nodo al loro vicino più prossimo.

Nuovi composti per i superconduttori

Questo studio scientifico dimostra che si può riprodurre una superconduttività in composti con argento e fluoro al posto di rame e ossigeno

Temperature relativamente più alte per raggiungere la superconduttività con argento e fluoro al posto di rame e ossigeno (con i quali si è ottenuto il record premiato con il Nobel).

È quanto propone un team di ricerca internazionale cui partecipa il Consiglio nazionale delle ricerche (Ismn, Istituto Spin, Isc). Tale risultato potrebbe consentire un utilizzo molto più economico nella diagnostica medica e negli acceleratori. Lo studio è pubblicato su su Proceeding of the National Academy of Sciences (Pnas). (1)

I superconduttori ‘chiedono’ il freddo per condurre l'elettricità senza perdita d'energia. Infatti se portati a temperature pari o inferiori a -140? permettono un moto perpetuo degli elettroni che viene sfruttato per creare grandi campi magnetici. Tuttavia questi materiali speciali, usati per la diagnostica medica, per esempio la risonanza magnetica, o negli esperimenti nei grandi acceleratori come Lhc del Cern potrebbero essere utilizzati più ampiamente se si potesse evitare di raffreddarli a bassissima temperatura, operazione che richiede costi elevati.

Un team internazionale composto da ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche (Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati, Istituto Spin, Istituto dei sistemi complessi) e colleghi di Polonia, Regno Unito, Slovenia, Stati Uniti e Repubblica Slovacca hanno proposto una nuova famiglia di composti.

“Finora il record a pressione ambiente è stato ottenuto con una famiglia di materiali contenenti rame e ossigeno che devono essere raffreddati ‘solo’ fino a -140? per diventare superconduttori: una scoperta che è valsa il premio Nobel a Bednorz e Müller nel 1987”, spiega José Lorenzana, direttore dell’Istituto dei sistemi complessi (Cnr-Isc).

“Curiosamente, i materiali di base per fare questi superconduttori non sono buoni conduttori ma ceramici isolanti, simili a una porcellana con caratteristiche molto peculiari, in grado di sfidare le leggi basilari sulla conduttività dei solidi e con forti fluttuazioni quantistiche, fenomeni considerati il “concime”, cioè necessari, per raggiungere la superconduttività ad alta temperatura. Solo dopo un’appropriata sostituzione chimica diventano metallici a temperatura ambiente e superconduttori se raffreddati. I nostri studi hanno mostrato che è possibile riprodurre lo stesso ‘concime quantistico’ che dà luogo alla superconduttività in materiali con argento e fluoro al posto di rame e ossigeno”.

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