Schemi sociali ed economici del lavoro


Schemi sociali ed economici del lavoro

Eliminare il lavoro segnerebbe la caduta del sistema finanziario ma anche la nascita di un nuovo stile di cooperazione libera tra le persone.

Questo è un tempo che impone cambiamenti radicali del pensiero, del costume, delle abitudini. È un tempo che impone lo sviluppo di capacità che ci consentano di avere una visione allargata, quanto meno in termini di possibilità, dell’universo e della sua multidimensionalità, e delle nostre latenti possibilità intellettive e spirituali. È il tempo che impone una rivisitazione degli schemi sociali, economici, ma soprattutto è il tempo in cui urge la nascita di una potente pretesa della nostra libertà.

L’evoluzione, nella sua manifestazione, contraddistingue un individuo (o un piccolo numero di individui) dalla moltitudine. Non è mai il contrario. Tutte le volte che ciò accade, questo individuo è costretto a lottare con le idee e il costume diffuso, mentre la moltitudine pretende da lui che si conformi e che soprattutto non comprometta, con le sue azioni o la sua propaganda, la realtà sulla quale tale moltitudine arrocca le sue false certezze e le sue “comodità”, fatte spesso di ingiustizie. Ma in lui fermenta e si agita una “forza oscura” che lo spinge inesorabilmente in avanti, talora procurandogli terribili sofferenze, ma alla fine accade qualcosa che sembra veicolato da una forza soprannaturale: l’individuo riesce in qualche modo a stimolare l’attenzione della massa, che lentamente passa da un torpore caratterizzato da scetticismo e incredulità, fino alla capacità di innalzare la percezione necessaria a comprendere e ad accogliere la nuova visione.

Il folle, l’eretico, l’anticonformista, il ribelle e il rivoluzionario, improvvisamente viene considerato un eroe, un apripista, molto spesso (purtroppo) solo dopo la sua morte. La storia è zeppa di simili esempi ma, nonostante questo, mi chiedo come faccia ancora la moltitudine a non ascoltare, quanto meno, chi “canta fuori dal coro”. Da qualche tempo poi, si sta facendo strada un pensiero che insinua un’idea originale e innovativa, ossia la riduzione delle ore lavorative, che è un concetto ben lungi dall’essere compreso o anche solo avvicinato dalla maggior parte delle persone. In Italia, il più grande esponente di tale pensiero, credo sia “Silvano Agosti” con la sua teoria delle “3 ore lavorative”.

Qui suggerisco un mio punto di vista e un’analisi di questa realtà: se improvvisamente smettessimo di lavorare, cosa accadrebbe?

Il lavoro è diviso in due grandi parti:

– nella prima vengono prodotti beni e servizi “utili”.

– nella seconda vengono prodotti beni e servizi “inutili”.

Nella prima annoveriamo cibo, vestiti, abitazioni, utensili ecc., anche se dobbiamo specificare che non tutto ciò che è cibo, vestiti, abitazioni e utensili, è veramente utile. Molte di queste cose sono concepite in modo e in numero tale da divenire superflue. Beni e servizi inutili sono tutto il resto. Certo che per arrivare a fare questa distinzione a livello unanime, in tutto il pianeta, sarebbe necessario che l’intera coscienza collettiva si innalzasse, al punto da capire davvero, nel profondo, il valore spirituale ed esoterico della materia.

È chiaro che in una umanità così evoluta, nascerebbero bisogni e desideri che prima (quando era meno evoluta) non sentiva o fingeva di non sentire, o peggio ancora classificava come secondari e poco importanti. Questi valori sono: la solidarietà, lo scambio, la condivisione, lo stare insieme, imparare, costruire, scoprire, inventare, creare, giocare ecc. Tutto nel rispetto della natura, di sé e degli altri. All’interno di una coscienza simile, molti dei beni materiali che oggi consideriamo utili e indispensabili, automaticamente diverrebbero inutili, superflui e addirittura potremmo accorgerci di quanto essi siano dannosi, perchè per produrli si inquina e si sprecano tempo, energie e risorse, recando danno tanto a noi quanto al pianeta stesso.

Quindi, supponiamo ora che nel mondo lavorino siano circa tre miliardi di persone, e che di queste, soltanto un milione sia impegnato nella produzione di beni e servizi veramente utili. A smettere di lavorare, ovviamente, non dovrebbero essere questi ultimi, ma la moltitudine impegnata nella produzione di beni e servizi inutili e dannosi. Se allo stato attuale, questo milione di persone, impiega 8 ore al giorno per produrre ciò che è davvero necessario all’umanità intera, in una visione molto più spirituale allora il resto dei lavoratori potrebbe smettere di lavorare, affiancando ed aiutando il primo milione, ottenendo così il fantastico risultato per il quale ogni individuo potrebbe lavorare una sola ora alla settimana, senza tuttavia intaccare la produzione necessaria al fabbisogno mondiale. (In questo esempio non ho fatto calcoli precisi, i parametri quindi potrebbero essere sproporzionati, essendo la visione, ovviamente, molto semplificata. Quello che conta è il concetto.)

È chiaro che a tutto questo discorso si affiancano inevitabilmente altri argomenti come l’etica, l’ecologia, l’evoluzione intesa in termini spirituali, la pace, l’amore incondizionato per la Terra e gli animali, la capacita e lo sforzo di dissolvere l’ego e la competizione, limacciose fermentazioni nelle quali germina l’odio, l’intolleranza e infine la guerra. Spesso, quando si parla di queste tematiche, nelle persone si insinua la paura di una vita priva di tecnologia, in quanto associano una visione semplice del mondo, al ricordo dello stile di vita dei secoli passati, fatto di candele, acqua ghiacciata per lavarsi e carri trainati da animali. E quindi ristrettezze, limitazioni e sofferenze.

Ma voglio ricordare a tutti quanti che verso la fine del 1800, un certo “Nikola Tesla” scoprì un modo per produrre energia elettrica pulita ed illimitata dal…nulla o vuoto (che poi proprio “vuoto” non sembra essere). Certo i suoi studi e i suoi lavori sono stati ripresi in seguito con fatica e scarsissimi mezzi da altri scienziati e, ad oggi, sembra che la tecnica sia ampiamente disponibile.

Ma allora perchè, vi chiederete voi, continuiamo ad usare il petrolio, a pagarlo caro e soprattutto ad inquinare?

E perchè continuiamo a sopportare l’odiosa presenza della guerra che è strettamente legata allo stesso petrolio?

Semplicemente perchè chi detiene il potere ha tutto l’interesse ad occultare il più possibile tali tecnologie, per poter continuare a sfruttare l’umanità, producendo prodotti inutili da rivenderle.

Un’umanità “liberata” avrebbe tutte le possibilità di usare energia pulita e tecnologia, per migliorare la propria vita senza inquinare. Se solo fossimo tanto coraggiosi da pretendere tutto ciò dai nostri governanti e da volere che scienziati, ispirati ed illuminati pronti a varcare i confini delle utopie, fossero finanziati e lasciati liberi di lavorare, tutto ciò potrebbe trasformarsi in realtà.

E chissà quali sorprese ci riserverebbe una simile realtà. Un’umanità così liberata, avrebbe tempo per continuare ad evolvere spiritualmente, attraverso un’introspezione che porterebbe a sviluppare tecniche come l’intuizione e la telepatia, ed a esprimere totalmente e profondamente le proprie naturali capacità e talenti. Come certi fortunati ragazzini di oggi, che privi di forti influenze esterne – che sovente hanno la pretesa di educare il giovane verso un modello considerato sano e giusto – si ritrovano liberi di esercitare la propria intelligenza e capacità in qualche ambito particolare, e già da giovanissimi sono in grado di apportare innovazioni o effettuare scoperte tali, da permettere un balzo in avanti dell’intera umanità.

Questi ragazzini devono rappresentare un valido esempio, e farci comprendere che ognuno di noi in fondo ha le stesse possibilità, quanto meno di divenire altamente competente in quegli ambiti nei quali la natura ci farebbe scoprire profondamente inclini. Inoltre quando proviamo un immenso piacere in quello che facciamo, e quando a beneficiarne è anche la collettività intera, non abbiamo più bisogno di essere pagati con il denaro per farlo. Lo faremmo gratuitamente.

Il problema del denaro, è un fatto che tristemente affianca la dimensione delle espressioni umane, ma è altresì qualcosa di superabile e dissolvibile. Tanto più se la nostra sopravvivenza e sostentamento non fossero più legate alla nostra produttività, ma ritornassero ad essere un diritto sacrosanto di ogni individuo, indipendentemente dal ruolo rivestito nella collettività. In un mondo così delineato, il denaro sarebbe vittoriosamente e felicemente sorpassato e dimenticato.

In un mondo di questo tipo, ad ogni bambino che nasce, si potrebbe dire: “Non ti dovrai mai preoccupare di nulla. La nostra civiltà prospera, è ricca e ovunque c’è abbondanza. Tu sarai amato, rispettato e aiutato da tutti e non ti mancherà mai il sostentamento. Come tutti noi anche tu hai dei talenti, che sono per te fonte di grande piacere e per la collettività una grande ricchezza. Prenditi tutto il tempo necessario per cercarli e svilupparli, affinché presto anche tu possa avere la gioia di cooperare e condividere con noi la nostra meravigliosa esistenza. Hai a disposizione i migliori maestri e tutta la sapienza delle nostre biblioteche. Va e sperimenta te stesso.”

Credete che un bimbo cresciuto in tali condizioni, possa poi manifestare da adulto, dei traumi da riversare, appena si presenterà l’occasione, nella società sotto forma di arroganza, aggressività e violenza? Certamente no!!! Questo bimbo sperimenterebbe da subito gioia, felicità e soprattutto fiducia nei suoi simili e in sé stesso. Tutte le sue azioni sarebbero tradotte in pura energia d’amore.

Dunque, smettere di lavorare tutti, e tutti nello stesso momento, rappresenterebbe di fatto la prima vera rivoluzione pacifica nella storia dell’umanità. La terra non ha bisogno di soldi per dare i suoi frutti. La terra ha bisogno di acqua, sole e una vanga di buona volontà. Smettere di lavorare segnerebbe senza dubbio la caduta del sistema finanziario, ma la terra darebbe i suoi frutti indipendentemente dalla presenza o meno dell’economia, e i cervelli si esprimerebbero ugualmente e più liberamente. La parola “lavoro” verrebbe definitivamente sostituita con: “cooperazione”.

La differenza quindi la faremo solo quando capiremo che l’utopia è l’unica strada percorribile.

Autore: Davide Ragozzini / Fonte: archivio di stampalibera.it (sito offline)