Ibernazione umana secondo la scienza

Ibernazione umana secondo la scienza

A livello scientifico, ibernazione significa variazione della condizione biologica in cui le funzioni vitali sono ridotte al minimo.

Proposto al cinema da Woody Allen ne 'Il dormiglione' (1973), da Steve Maner in 'Amore per sempre' (1992) e da Cameron Crowe in 'Vanilla Sky' (2001), l'ibernazione è affrontata anche in diverse opere letterarie: è al centro del libro di James Halperin 'The first immortal' del 1998 e, più recentemente, del romanzo di Don DeLillo 'Zero K' (2016). Non è difficile capire perché il tema affascini: da sempre gli esseri umani coltivano il sogno di contrastare l'invecchiamento e conquistare l'immortalità.

Proprio come Ross Lockhart, il protagonista del libro di DeLillo, che decide di congelare la moglie colpita da un cancro incurabile, per risvegliarla in un futuro in cui la medicina sarà avanzata a tal punto da riuscire a curare tutte le patologie, anche il tumore. Già molte persone si sono fatte crioconservare dopo il decesso (attualmente l'ibernazione è permessa solo post-mortem) e a fornire il servizio sono società come le statunitensi Alcon e Cryonics e la russa KrioRuss.

Ma in cosa consiste l'ibernazione? “È una condizione biologica in cui le funzioni vitali sono ridotte al minimo, il battito cardiaco e la respirazione rallentano, il metabolismo si riduce e la temperatura corporea si abbassa”, spiega Roberto Volpe del Servizio prevenzione e protezione (Spp) del Cnr. “Può essere avvicinata al letargo degli animali nel quale, comunque, non si raggiungono mai temperature inferiori a pochi gradi sopra lo zero. A esso ricorrono diversi tipi di invertebrati, ma anche anfibi, rettili, mammiferi come l'orso bruno, il tasso, la marmotta, soprattutto in inverno, nelle regioni fredde o temperate”.

A livello scientifico, l'ibernazione è un'opportunità oggetto di studio: in particolare, la medicina spaziale cerca di applicarla sugli astronauti impegnati nelle lunghe missioni, come sta facendo l'azienda SpaceWorks di Atlanta finanziata dalla Nasa. “In chirurgia, si parla di ipotermia preventiva in caso di abbassamento artificiale della temperatura corporea di un paziente per ridurne i processi vitali durante particolari interventi chirurgici, per esempio interventi di cardiochirurgia e neurochirurgia, o in persone che hanno subito ipossia cerebrale (carenza di ossigeno nel cervello), per esempio dopo una rianimazione cardiopolmonare”, chiarisce Volpe. “Temperature basse ma superiori al punto di congelamento vengono utilizzate anche per conservare temporaneamente gli organi destinati al trapianto e l'ibernazione in azoto liquido è utilizzata per la conservazione di spermatozoi ed embrioni umani”.

Il sogno dell'eterna giovinezza o addirittura dell'immortalità grazie all'ibernazione resta invece per ora ancora pura fantasia: “Ad oggi non esiste alcuna notizia documentata in letteratura scientifica di un essere umano ibernato riportato in vita. Va considerato inoltre che la temperatura del corpo è fornita dal moto degli atomi e delle molecole e responsabile delle reazioni chimiche che avvengono nell'organismo è l'energia cinetica derivante dal movimento: maggiore è la temperatura, maggiore è la velocità delle reazioni. Esistono, infine, limiti oggettivi di questa tecnica, primo tra tutti riparare le inevitabili lesioni che si verificherebbero nelle cellule a causa degli eventi di cristallizzazione. E, infine, l'incapacità di scongelare il corpo in modo rapido, omogeneo e senza danni”, conclude il medico del Cnr.

Autrice: Rita Bugliosi / Fonte: Roberto Volpe, Servizio prevenzione e protezione del Cnr email roberto.volpe@cnr.it