Artrosi: un chip 'imita' la malattia per escogitare terapie mirate

Artrosi un chip imita la malattia per escogitare terapie mirate

Un chip sofisticato, delle dimensioni di una moneta, in cui è possibile coltivare la cartilagine e che in seguito può essere sottoposto a stress meccanico tale da generare gli effetti dell'artrosi.

Questo è lo straordinario risultato raggiunto presso il laboratorio MiMic (Microfluidic e Biomimetic Microsystems) del Politecnico di Milano del dottor Marco Rasponi (1) del campus di Milano, coordinatore dello studio insieme al dottor Andrea Barbero (2) dell'Ospedale Universitario di Basilea.

Non solo ha prodotto il chip rivoluzionario ma, mentre il piccolo dispositivo era in fase di sperimentazione, lo studio, pubblicato su Nature Biomedical Engineering, (3) ha anche dimostrato che l'iperstimolazione meccanica della cartilagine sembra essere sufficiente per indurre la patologia correlata all'osteoartrosi, senza dover ricorrere alla somministrazione di molecole infiammatorie come era comune fare fino ad ora.

Infatti, un'appropriata compressione del tessuto cartilagineo può indurre sintomi tipici dell'osteoartrosi (OA): infiammazione, ipertrofia e un'accelerazione dei processi degenerativi. Pertanto, nella cartilagine “su chip” si crea un ambiente ideale in cui testare l'efficacia e i meccanismi dei trattamenti farmacologici, abbreviando i tempi e i costi della sperimentazione e riducendo al contempo la necessità di test sugli animali.

L'osteoartrosi è la più comune tra le patologie muscoloscheletriche. Oltre i sessant'anni, il 10% degli uomini e il 20% delle donne ne soffriranno, numero che purtroppo dovrebbe aumentare a causa dell'attuale tasso di invecchiamento della popolazione. Tuttavia, nonostante questa tendenza, i pazienti si trovano di fronte a una completa mancanza di terapie farmacologiche. Noti come DMOAD (Farmaci per l'artrosi che modificano la malattia): i farmaci, cioè, che sono in grado non solo di alleviare i sintomi ma anche di arrestare o invertire i processi degenerativi. Infatti, attualmente le uniche opzioni valide sono il trattamento palliativo o la chirurgia. Lo sviluppo di farmaci efficaci è stato ostacolato dall'assenza di modelli sperimentali in grado di replicare adeguatamente la patologia.

Fino ad ora l'approccio più comune per riprodurre l'osteoartrosi (OA) in vitro si è basato sulla somministrazione di dosi elevate di molecole negli espianti di cartilagine, in grado di indurre una risposta infiammatoria e una qualche forma di catabolismo. Tuttavia l'OA ottenuta in questo modo può rappresentare solo parzialmente i sintomi finali, invece di dimostrare il processo patologico in tempo reale. Il nuovo chip, d'altra parte, utilizza lo stress meccanico, che rappresenta uno dei fattori che sono più strettamente collegati allo sviluppo dell'OA, ed è quindi più realistico e più efficace nelle sue procedure di sviluppo e screening farmacologico.

La ricerca continuerà a modellare un intero giunto su un chip, grazie a un progetto avviato dalla Fondazione Cariplo, che ha ricevuto finanziamenti a seguito dell'invito a presentare “Ricerca biomedica sulle malattie legate all'età 2018”.

Il progetto si chiama “uKNEEque”: un modello osteocondrale microfluidico 3D per studiare i meccanismi che innescano patologie articolari legate all'età e gli effetti terapeutici dei fattori bioattivi prodotti dai condrociti nasali”. Il Politecnico di Milano sta coordinando la ricerca con l'ospedale universitario di Basilea.

Riferimenti:

(1) Marco Rasponi

(2) Andrea Barbero

(3) Hyperphysiological compression of articular cartilage induces an osteoarthritic phenotype in a cartilage-on-a-chip model

Descrizione foto: un chip sofisticato, delle dimensioni di una moneta, in cui è possibile coltivare la cartilagine e che in seguito può essere sottoposto a stress meccanico tale da generare gli effetti dell'osteoartrosi (OA). - Credit: Politecnico di Milano.

Autore versione riassuntiva: Edoardo Capuano / Articolo originale: Osteoarthritis: A chip 'mimics' the disease to devise effective drugs