Deforestazioni

Indonesia: l'impatto dell'industria cartaria sul clima globale

Deforestazioni in IndonesiaTroppo fumo, o in inglese, ‘Too Much Hot Air‘, titola il rapporto rilasciato dalla rete di associazioni ambientaliste Environmental Paper Network (EPN) che denuncia il terribile impatto dell'industria cartaria in Indonesia e sul clima globale: più alto di un paese industrializzato come la Finlandia, più alto di 32 mega-centrali a carbone, più alto di decine di paesi nel mondo.

Il motivo si chiama “torba”: infatti le piantagioni di acacia si sono estese sulle paludi torbiere, e per mantenere le piantagioni produttive la torba deve essere drenata con canali e tenuta asciutta, ma in questo modo rilascia immense quantità di carbonio. E non solo....

Le piantagioni che riforniscono le cartiere si estendono su oltre un milione di ettari di torbiere (un'area vasta quanto la Jamaica). 600.00 ettari sono controllati dai fornitori della Asia Pulp & Paper (APP) e più di 250.000 dai fornitori della APRIL, il resto da altri operatori. Dato che le piantagioni su torba drenata rilasciano ogni anno tra le 70 e le 80 tonnellate di CO2 per ettaro, l'intero settore rilascia 88 milioni di tonnellate, senza calcolare l'insorgere di incendi, come quelli verificatisi nell'autunno 2015, dato che la torba è altamente infiammabile.

Questi incendi hanno creato una nube di fumo che ha coperto l’intera regione, causando malattie respiratorie a milioni di persone in Indonesia e nei paesi confinanti. Intere province hanno avuto le scuole chiuse e i voli sospesi, mentre nei mesi degli incendi l’Indonesia ha emesso più CO2 degli Stati Uniti.

Secondo il WWF un'area su tre è controllata dai bracconieri

Secondo il WWF un'area su tre è controllata dai bracconieriAlla vigilia della Giornata della Terra, il WWF pubblica un allarmante rapporto: circa un terzo dei siti Patrimonio Mondiale dell’Umanità sono infestati da bracconaggio, taglio delle foreste e pesca illegale, trascinando le specie in pericolo verso il baratro dell'estinzione e mettendo a rischio l’economia e il benessere delle comunità che dipendono da questi patrimoni naturali.

Il WWF sollecita ulteriori misure, immediatamente operative per fermare il bracconaggio e il commercio illegale delle specie protette dalla CITES, la Convenzione internazionale sul commercio delle specie minacciate di estinzione, nei luoghi più importanti, dal punto di vista naturale, del mondo, inclusi i siti UNESCO patrimonio dell'Umanità.

I siti naturali appartenenti al Patrimonio Mondiale dell’Umanità noti per la loro iconica bellezza, per il valore ecologico e la straordinaria biodiversità sono cruciali per la conservazione di molte specie rare, tra cui quasi un terzo delle 3.890 tigri rimaste allo stato selvatico e il 40% di tutti gli elefanti africani. Sono inoltre l’ultimo rifugio di specie in pericolo critico di estinzione, come il rinoceronte di Giava in Indonesia e la vaquita, la più piccola focena del mondo, endemica del Golfo di California in Messico ritenuta il mammifero marino più raro del mondo.

Eppure, nonostante il loro grande valore e lo stato di protezione, lo studio ha rilevato che attività illegali come l'abbattimento di alberi, il bracconaggio e la pesca non autorizzata, continuano in circa il 30% dei siti naturali Patrimonio Mondiale.

In Gabon foreste in pericolo a causa delle piantagioni di palma da olio

Foreste in GabonIl suo basso costo l'ha reso popolare nell'industria alimentatore e cosmetica, e ha portato alla devastazione le foreste nel Sud-est asiatico. Ora l’olio di palma si appresta ora a replicare lo stesso disastro in Africa.

Le piantagioni di palma da olio si espandono rapidamente in Gabon e Camerun, e si allargano in tutto il Bacino del Congo. Il Gabon - dove foresta pluviale ancora ricopre l'80 per cento del territorio - è uno dei paesi presi di mira dall’industria dell’olio di palma.

Due associazioni ambientaliste, BrainForest e Mighty, hanno indagato sulle attività della Olam, un gigantesco conglomerato dell’industria alimentate, che ha piantato 58.000 ettari a palma da olio in Gabon. "Si stima che dal 2012 ad oggi, la Olam abbia deforestato 20.000 ettari nelle sue concessioni gabonesi di Awala e Mouila” sostiene il rapporto pubblicato dalle due associazioni. "Gli investigatori hanno intervistato testimoni e filmato i bulldozer che abbattevano giganteschi alberi”.

Secondo la Olam, i 25.000 ettari di terreno piantato a palma da olio è stato convertito da foreste degradate e non rappresenta che lo 0,1 per cento delle foreste del paese. Inoltre, dicono alla Olam, l’impresa a costruito 251 chilometri di strade. Ma dimenticano che sono proprio quelle strade ad aprire forest incontaminate a chi le distruggerà: la Olam stessa, bande di cacciatori di frodo, taglialegna illegali e altre piantagioni di palma da olio.

Secondo due associazioni ambientaliste le minacce per le foreste pluviali del Bacino del Congo, considerato il polmone dell'Africa, potrebbe essere ben più gravi, basta guardare a quel che è successo in Sumatra, e nel Borneo.

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