Un mercato globalizzato

Viviamo in un mercato globalizzato, unificato non solo per quanto riguarda l’economia e la finanza ma per tutti gli altri settori.

Come per l’informazione, globalizzata e velocizzata, che dalla carta stampata si è trasferita sul web, dilagando su ogni contesto per il tramite dei social-network.

Il risultato è quello di maggiori utenti, velocità in tempo reale, diffusione su di un territorio molto ampio.

In precedenza coloro che controllavano l’informazione, il sistema dell’istruzione scolastica e la “conoscenza”, controllava il “popolo”, vale a dire le genti di ogni razza e nazione.

Tali meccanismi erano dunque appannaggio dei Governanti, delle Chiese e delle Lobbies di potere, le quali si sforzavano di controllare la vita dei cittadini, quella economica e sociale.

Per certi aspetti, l’alfabetismo diffuso rappresentò il principio di una nuova era di “prigione” per i popoli, che da quella di natura economica si trasformò in un’altra più subdola di tipo “psicologico”.

Nella nostra era del “web”, in cui tutti (in teoria) possono avere un accesso ad informazioni non sempre “controllate” dal Potere, la maggiore diffusione della “conoscenza”, intesa come obiettiva verità, determina una conseguente perdita del potere di controllo sul mondo, almeno in un certo senso ed in via tendenziale.

Dai sistemi di contenimento e controllo nella distribuzione delle informazioni, scegliendo mediante chi e come effettuarla, si è passati alla pubblicazione inondante:

di dati,

di notizie,

di pareri,

di analisi,

“di tutto e di più”,

come un diluvio d’informazioni, che il “recettore” non riesce agevolmente

  • ad assorbire,
  • a classificare ed a comprendere nella loro vera natura ed importanza,
  • né a saperne giudicare il grado di sostanziale veridicità.

Il risultato è paradossale:

  • da “disinformati” per assenza di un sufficiente flusso di dati e notizie

ad una condizione, per così dire più moderna,

  • di “disinformati per incapacità” di una corretta elaborazione delle notizie.

Coloro che hanno colto l’essenza di tale fenomeno, insito nei nuovi sistemi di comunicazione, hanno assunto maggiore potere, in termini economici, politici, pubblicitari di marketing e propagandistici.

I flussi di notizie e dati arrivano in buona sostanza da una miriade di fonti, da molteplici Paesi, Governi e centri di Potere ma, di fatto, sono tutti in gran parte del medesimo tenore. Un esempio per tutti: le notizie finanziarie e di analisi dei mercati, commenti e dati, diffusi da Bloomberg o dalla CNN.

Chi non li conosce?

Chi non li legge?

E vi è forse sostanziale differenza di contenuti?

Nel frattempo anche il mondo degli investimenti finanziari ha cambiato aspetto.

Si è passati dalla gestione patrimoniale, alla gestione “istituzionale”, tramite i cosiddetti Fondi di Investimento.

Singole quote di capitali di risparmio, di investimento, di speculazione, di copertura rischi, tutti incanalati sugli stessi prodotti, tramite i medesimi canali operativi.

Il “cliente-risparmiatore” nell’ottica degli operatori, rappresenta il sostenimento di oneri (costi aziendali) in termini di tempo necessario per la gestione del rapporto; un suo potenziale personale orientamento può determinare:

  • una scarsa uniformità nelle politiche di investimento del “gestore”,
  • un minore controllo dei rischi,
  • una ridotta efficacia nella esecuzione degli ordini di compravendita,
  • possibili maggiori perdite in portafoglio connesse ad esposizioni al rischio multiple.

Le commissioni pagate dal cliente come prezzi-costi dei servizi acquistati possono non coprire quindi sufficientemente i costi degli operatori, principalmente delle banche.

Le normative e le procedure di controllo costringono ad una elevata “burocratizzazione” dei processi aziendali in capo agli operatori finanziari, come:

  • la necessità di autorizzazioni, certificazioni, specifiche forme contrattuali finalizzate alla riduzione dei rischi per il pubblico (almeno in teoria),
  • la tipologia dei mezzi di contatto (telefono, e-mail),
  • la struttura dei prodotti d’investimento proposti, le aree di mercato incluse in termini di Paesi utilizzabili o proibiti per ciò che concerne gli acquisti dei titoli.
  • discrezione e obbligo della privacy nel contatto con il pubblico,
  • norme antiriciclaggio,
  • tentativi di tutela crescente del risparmiatore (non sempre riusciti),
  • trasparenza nelle transazioni effettuate (solo in teoria),
  • obiettivi d’investimento conclamati e risultati certificati,
  • uso dei prodotti strutturati.

Nulla di nuovo negli strumenti utilizzati per “gestire” le fluttuazioni dei mercati finanziari; ed invero resta intatto il vecchio concetto secondo il quale “… un investimento è una speculazione non riuscita o sbagliata …”; come a dire che il principio fondante del mercato ( e degli operatori) resta quello della “speculazione” ad ogni costo, fondata su di una continua e forte oscillazione dei prezzi, il più delle volte del tutto sconnessa dalle realtà economiche sottostanti.

Nel frattempo, e in particolare dal 2008 inizio della crisi, si osserva:

  • una tecnica di gestione patrimoniale sempre più “agglomerata”, con ogni esposizione contrastata con una specifica protezione del rischio, tramite un uso elevato di prodotti derivati, quali futures, opzioni, etf, e quant’altro.
  • Strategie “delegate” dal gestore patrimoniale (diventato ora “relatore” di clientela, o “piazzista di fondi”, insomma semplice venditore di prodotti ), ad altri operatori quali i cosiddetti Asset Manager, tramite le sottoscrizione di quote dei loro fondi investimento.
  • Operatività indicizzata su “benchmark” specifici di riferimento (indici di rapporto rendimento-rishio predefiniti), suddivisione in “asset class”( categorie di titoli) diverse e con differenti condizioni di liquidità e rischio.

Ma il rischio assunto nell’operatività sui mercati finanziari resta principalmente connesso alla loro volatilità, e tale caratteristica non è mutata nel tempo trovando persino un’importante accentuazione.

Tale “alea” è sempre presente, diventando anche più incisiva, intensa e veloce nella sua manifestazione, il più delle volte con “colpi” inferti ad interi settori senza delle vere ragioni di fondo.

Si passa dall’ “ottimismo” sfrenato, alla “indifferenza” totale, alla “depressione”.

In queste ultime settimane gli esempi non mancano, da Colombia, Argentina, Indonesia, Malesia, Turchia, Russia, Medio Oriente, o più in generale i mercati cosiddetti “emergenti”.

Tali situazioni si contrappongono all’andamento dei mercati valutari, in relazione alla “forza” del dollaro Usa, ed alle quotazioni del petrolio, le quali alimentano processi di disinvestimento in queste regioni, a favore dei Treasury Usa (titoli di Stato), Bonds pubblici europei, altre obbligazioni private.

E il cosiddetto “valore rifugio”?

Per noi sarebbe meglio chiamarlo con il suo nome: “valore qualità”.

Oggi si è alla ricerca del rendimento per via dei bassi tassi d’interesse su alcuni principali mercati e la “qualità” quindi non “paga”.

L’oro, il Chf (franco svizzero) ed altri investimenti alternativi al rischio finanziario tipico, non sono “di moda”, non offrono rendimenti interessanti, e le grandi tensioni geopolitiche e le guerre commerciali in atto passano nell’indifferenza, e quindi non si mostrano incisive nell’orientamento dei mercati.

Ma non dimentichiamo:

  • che i debiti, privati e statali, carte di credito e mutui, sono sempre ai record storici;
  • che Fintek avanza con le sue “cripto” valute (blockchain), contribuendo a mutare in tempi brevi i valori dei mercati, la supremazia del dollaro usa (ad esempio) o il controllo sui sistemi di pagamento, i trasferimenti di denaro, il trade-finance, i sistemi di erogazione dei prestiti personali.

Il mondo on-line è già qui, e le commissioni e le spese sostenute dal pubblico cambiano in quantità e qualità, mutando la natura dei soggetti detentori del controllo.

Ed il mondo del risparmio, quello del cittadino medio, è “imbarcato” sull’unica nave, e quindi tutti dalla stessa parte, nolenti o volenti.

Foto di pixabay.com / Autore: Dr. Bruno Chastonay. Valente professionista del settore finanziario, ha svolto attività in alcune principali banche elvetiche nei settori della tesoreria, dei metalli e dei derivati. È esperto nella gestione professionale del risparmio su base personalizzata ed è fiduciario finanziario, ai sensi della legislazione elvetica. Ha collaborato con le Università di Bari e Pescara. Attualmente svolge l’attività di analista finanziario globale. Vive e lavora a Lugano.