Acqua controllata dalle grandi multinazionali


Acqua controllata dalle grandi multinazionali

L’acqua nelle mani di pochi: pubblicato uno studio che evidenzia il ruolo delle multinazionali agroalimentari per la tutele della risorsa idrica

Qual è il ruolo, e quindi la responsabilità, delle multinazionali del commercio agroalimentare nella gestione sostenibile della risorsa idrica? Sebbene sia crescente la consapevolezza di come i pochi grandi attori di tale commercio internazionale possano svolgere una funzione chiave nella transizione verso un nuovo paradigma produttivo, fino ad ora iniziative di gestione collaborativa e responsabile (stewardship) hanno riguardato l’industria ittica, le politiche di non deforestazione e le emissioni di CO2, mentre ancora mancano analoghe iniziative che guardino alla gestione delle risorse idriche.

Al fine di colmare questa lacuna, il gruppo di ricerca formato da Elena De Petrillo, Marta Tuninetti, Luca Ridolfi e Francesco Laio del Dipartimento di Ingegneria dell'Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture del Politecnico di Torino ha analizzato la risorsa idrica e la sua gestione sostenibile da un nuovo punto di vista, considerando scale spaziali ben più dettagliate di quanto fatto in passato e, soprattutto, volgendo l’attenzione ad attori sinora trascurati. Lo studio pone infatti al centro le grandi multinazionali del commercio agroalimentare e propone i flussi di acqua virtuale (l’acqua necessaria per produrre beni agricoli) come metrica per quantificare le interazioni tra i diversi attori.

La ricerca – pubblicata su Communications Earth & Environment (1), una rivista open access di Nature Portfolio - nasce dall’esigenza di fornire strumenti quantitativi che incentivino l’adozione di una “Water Stewardship” riguardo alle risorse idriche utilizzate nel sistema alimentare; ovvero strumenti volti a creare una collaborazione tra scelte economiche, politiche nazionali, cittadini e mondo scientifico per un uso responsabile, sostenibile ed etico dell’idrosfera.

Il lavoro si è concentrato sul caso della soia esportata dal Brasile, caso emblematico per volumi di acqua coinvolti, per effetti sul patrimonio ambientale, per estensione del commercio e per implicazioni economiche. Sono stati valutati i flussi di acqua virtuale delle nove maggiori multinazionali del commercio di soia brasiliana verso i maggiori dieci Paesi importatori dal 2004 al 2018. Utilizzando i dati sulle filiere di import ed export disponibili su Trase Earth (2) - un’iniziativa dello Stockholm Environment Institute volta ad individuare le filiere a rischio deforestazione - il gruppo di ricerca del Politecnico ha valutato i volumi d'acqua utilizzati (circa 100 miliardi di m3 nel 2018) per ognuna delle 1620 municipalità brasiliane coinvolte nella produzione di e il corrispondente rischio di esposizione a condizioni di siccità.

Tra i risultati principali, è emerso che di questi 100 miliardi di m3 di acqua, ben il 70% è nelle mani di sole nove grandi multinazionali del commercio agroalimentare: nel 2018 una delle multinazionali analizzate ha esportato 15 miliardi di m3 a fronte dei 5 miliardi importati dai Paesi Bassi, che è il secondo importatore dopo la Cina.

«É sufficiente anche solo questo singolo dato – commenta il Gruppo di ricerca - per rendere evidente il ruolo chiave che le grandi multinazionali del commercio agroalimentare svolgono nella gestione delle risorse idriche, e quanto le loro scelte (ad esempio su dove acquistare la soia) e i loro vincoli di tutela possano essere addirittura più efficaci rispetto a singole iniziative da parte dei governi nazionali. Ne consegue che l’urgente necessità di instaurare una Water Stewardship globale richiede l’impegno e la collaborazione non solo tra paesi produttori e paesi importatori di beni alimentari, ma anche la partecipazione responsabile delle grandi multinazionali del commercio agroalimentare».

L’analisi condotta in questo studio - valutando la richiesta idrica alla scala di municipalità brasiliana e connettendo questo volume di acqua alla multinazionale esportatrice e poi al paese importatore - ha evidenziato la forte variabilità geografica dell'impronta idrica. Inoltre, emerge che le multinazionali del commercio agroalimentare sono mediamente più esposte dei paesi importatori: questi ultimi possono infatti diversificare il loro import acquistando da più multinazionali, mentre le multinazionali tendono ad acquistare la soia in maniera più localizzata, aumentando la loro esposizione a eventi estremi regionali.

La rivista Nature Portfolio ha creato un forum su Earth & Environment pensato per consentire agli scienziati della Terra, dell'Ambiente e delle scienze Planetarie di confrontarsi: il gruppo di ricerca del Politecnico ha pubblicato all’interno il blog “Water resources in the hands of few: evidence from the Brazilian soybean production” (3) che riporta le motivazioni e i punti fondamentali dello studio.

Riferimenti:

(1) International corporations trading Brazilian soy are keystone actors for water stewardship

(2) Trase Earth

(3) Water resources in the hands of few: evidence from the Brazilian soybean production

Descrizione foto: Flussi di acqua virtuale (in metri cubi e associati alla produzione di soia) a partire dalle municipalità brasiliane produttrici verso i principali paesi importatori. Tali flussi riguardano le maggiori nove multinazionali del commercio agroalimentare di commercio internazionale di soia dal Brasile. La dimensione delle bolle sulla mappa rappresenta il volume totale di acqua virtuale importata. I colori e la dimensione dei flussi identificano la multinazionale esportatrice e il peso di ogni flusso di acqua virtuale in uscita dal Brasile. I dati si riferiscono al 2018. - Credit: Politecnico di Torino.

Per ulteriori informazioni:

Politecnico di Torino

Phone: +39 011 0906286

Politecnico di Torino