Nuovo studio sulle modificazioni antropometriche e cognitive

GeneticaNel team internazionale anche ricercatori dell’Università di Verona. Grazie al meltingpot più forti contro le malattie genetiche. Su Nature lo studio condotto su 350.000 individui in tutto il mondo

Pubblicato su Nature lo studio “Directional dominance on stature and cognition in diverse human populations” realizzato da un team internazionale di scienziati che hanno analizzato i dati di circa 350 mila persone per comprendere le modificazioni antropometriche e cognitive delle popolazioni nel corso dei secoli.

Allo studio, coordinato dall’Università di Edimburgo, ha partecipato anche l’Università di Verona grazie al lavoro dei ricercatori Giovanni Malerba, della Genetica di ateneo e Gianluigi Zaza, della Nefrologia che hanno analizzato le caratteristiche cliniche e genetiche di una vasta coorte di individui provenienti da tutto il Veneto attraverso lo “Studio Incipe” condotto nel 2006 dalla Nefrologia di Verona diretta da Antonio Lupo.

Analizzando i modi di trasmissione di alcuni tratti genetici che hanno un impatto su alcune caratteristiche somatiche e su alcune malattie, i ricercatori hanno dimostrato che l’essere umano si è evoluto per essere più intelligente e più alto dei suoi antenati. Questa evoluzione “positiva”, cui non corrisponde una riduzione dei fattori di rischio per alcune malattie, soprattutto in ambito cardiovascolare, gioca invece un ruolo molto importante nello sviluppo delle malattie genetiche rare.

“A questa evoluzione in altezza e intelligenza corrisponde una diminuzione del rischio di sviluppare patologie con genetica recessiva (per esempio fibrosi cistica, fenilchetonuria, malattia di Tay-sachs) – spiega il team di ricerca - europei e africani, popolazioni in cui le contaminazioni etniche sono state maggiori, presentano aree di omozigosità con minor frequenza o di dimensioni ridotte. Proprio queste aree ereditate da genitori con caratteristiche genetiche omogenee, sono il luogo deputato all’insorgenza di malattie genetiche rare”.

Importante nello studio il contributo dell’ateneo scaligero “Abbiamo inviato ai coordinatori del progetto – aggiunge Gianluigi Zaza - i dati provenienti dallo studio del genoma del nostro campione di soggetti, che rappresenta tutt’ora una delle più ampie casistiche italiane, in cui abbiamo studiato la malattia renale cronica: circa 3000 pazienti inseriti nel campione europeo e tutti sottoposti a genotipizzazione.

Grazie alla ricerca abbiamo dimostrato che avere lo stesso patrimonio genetico è fattore di rischio per lo sviluppo di patologie genetiche rare e che il meltingpot tipico delle popolazioni europee e africane ci ha dato la possibilità di diventare non solo più alti e più intelligenti rispetto ai nostri antenati ma anche più forti contro le malattie genetiche”.

Università degli Studi di Verona
Telefono Ufficio Stampa: +39 (045) 8028164
E-mail: ufficio.stampa@ateneo.univr.it