In futuro il 75% dei lavoratori eserciteranno le loro mansioni fuori dall'ufficio

LavoroMentre in Francia diventa un diritto la facoltà dei dipendenti di “staccare” la spina, ovvero non rispondere a telefonate e mail di lavoro fuori dall'ufficio, gli esperti ci dicono che il lavoro del futuro sarà esattamente il contrario: non avrà limiti di spazio e di tempo.

I prossimi lavoratori, che saranno i Millennials di oggi e le generazioni più giovani (quella degli “Z” parte dagli anni Novanta), porteranno la loro cultura in ambito professionale e diranno addio alle progressioni di carriera lineari, che impegnano i dipendenti per decenni e di fatto limitano la loro vita lavorativa a un paio di aziende.

Secondo quanto emerso al Global Leadership Summit, una buona fetta dei capi azienda ritiene che già nel 2020 i tre quarti delle forze lavoro non avranno più sede in un “ufficio tradizionale”. Gli esperti di Ubs, in un articolato report dedicato al “lavoro del futuro”, parlano di “Bricolage Living”. Si tratta della capacità di costruire una vita “modulare”, nella quale questi astronauti del cosmo lavorativo dovranno saper saltare in differenti luoghi, senza orari canonici.

La tecnologia avrà senza dubbio un ruolo da pivot di questo processo evolutivo del lavoro: “Quasi la metà (47%, ndr) delle professioni attuali nelle economie avanzate sono ad alto rischio di esser sostituite dall'automazione, nei prossimi vent'anni”, pronostica Mark Haefele, il capo degli investimenti di Ubs Wealth Management.

Ancor più prosaicamente StJohn Deakins di CitizenMe sottolinea che un “manager di medio livello” si accorgerà che il suo lavoro può esser fatto da un sistema di intelligenza artificiale: in dieci anni gli impieghi da 35mila euro all'anno rischiano di “svanire”.

Di nuovo secondo Haefele, i Millennials saranno la gran parte della forza lavoro del prossimo futuro: circa i tre quarti (72% per la precisione) entro il 2025. Ma molti dei loro manager saranno ancora i figli della Generazione X, cioè persone nate tra gli anni Sessanta e Settanta, con il loro carico di individualismo da self-made. Non a caso, il rischio di un conflitto generazionale nelle fila delle proprie dipendenze è profondamente avvertito da tre quarti dei manager contattati per la ricerca.

Ecco perché il report si concentra sulle caratteristiche dei nuovi professionisti in arrivo, a cominciare dalla flessibilità (tanto da definire i Millennials dei “Flexapreneurs”). Un tratto che è già un dato di fatto, se si considera che il tasso di freelance in Europa è cresciuto del 45%, tra il 2004 e il 2013. E certo, come potrebbero raccontare molti diretti interessati parlando di quanto vissuto questa “flessibilità” sulla loro pelle, in pochi casi è stata sinonimo di una scelta deliberata di carriera, quanto piuttosto un sacrificio e un obbligo dettato dalle attuali condizioni del mercato del lavoro.

Archiviando la sfumatura di “precarietà” e incertezza, per “flessibilità” la ricerca intende piuttosto la preferenza di una “presenza effettiva a una presenza costante” sul lavoro. La connettività super-veloce darà una sorta di “ubiquità” ai lavoratori dei prossimi decenni. Per le assunzioni, si svilupperanno allora i sistemi che permettono di far combaciare il curriculum dei lavoratori con le esigenze delle aziende, per sviluppare insieme progetti “on demand”. Amazon o Upwork già lo fanno: il datore di lavoro avrà una specie di piattaforma che permetterà di scegliere il collaboratore che fa al caso suo, un po' come oggi accade per le puntate delle Serie Tv o per i film.

I lavoratori del futuro “legheranno idealismo e pragmatismo”, sostengono gli esperti, nella incarnazione di un “paradosso vivente”. La “culture-hackers” dei più giovani, che si sono interamente formati sul digitale e sono abituati a ritagliarsi ogni cosa sulle loro esigenze, porterà cambiamenti anche al lavoro. Sarà difficile per un dirigente far viaggiare in binari pre-codificati il dipendente, che invece “si aspetterà di avere la libertà di prendere una decisione, nel momento in cui abbia sufficienti informazioni ed esperienza per farlo”, dice Jamie Notter di WorkXO e autore di un testo sull'impatto dei Millennials sul lavoro.

Per le aziende, la ricerca individua sette strategie di base per far sì che questi “Flexapreneurs”, pragmatici ma idealisti e permeati di cultura digitale rendano al massimo. Per cercare di attrarre i lavoratori del futuro dovranno puntare su alcuni elementi: Diversità di genere; Consapevolezza delle esigenze di tutti (in base all'età e alla situazione familiare); Mescolare differenti soluzioni contrattuali; Garantire un giusto equilibrio tra lavoro e vita privata; Rendere piacevole e funzionale il luogo di lavoro: questo favorisce la produttività, abbattendo l'assenteismo; Estrema attenzione alla soddisfazione sul posto di lavoro; Sviluppare l'intelligenza emotiva dei manager.

Le nuove generazioni di lavoratori, quelle stesse persone che comprano 40 milioni all'anno di dispositivi per monitorare la propria salute e il benessere, saranno attente ad avere le stesse attenzioni sul luogo di lavoro. Aspettiamoci dunque la diffusione di App come RescueTime, che monitorano lo schermo del dipendente e suggeriscono di prendersi una pausa, oppure Mappiness, capace di tracciare le emozioni. Da non sottovalutare gli alti principi dei ragazzi di oggi: “Il 65% delle persone desidera lavorare per aziende o organizzazioni mosse da intenti sociali”, dice la ricerca. Più di otto studenti MBA su dieci “accetterebbero uno stipendio inferiore, pur di lavorare per un'azienda che si impegni per la società e l'ambiente” e quasi nove impiegati su dieci, “in aziende orientate al sociale mostra una maggiore soddisfazione”.

Fonte: italianosveglia.com